Dal “light” al “free from”: la fusion proteica

Se un tempo la richiesta dei consumatori era orientata verso prodotti più leggeri ad esempio in calorie o grassi, oggi la dieta è vissuta per soddisfare un concetto di naturalità. In altri termini, la dieta sta diventando parte di un concetto di stile di vita per cui l’alimentazione rientra più nella ricerca di una buona salute che nel semplice desiderio di perdere qualche chilo di troppo.

Un elemento peculiare di questo desiderio verso il mantenersi in salute/restare in forma, è costituito dalla crescente ansietà verso il cibo. Negli USA, oltre la metà dei consumatori teme che il cibo ingerito contenga  potenziali elementi dannosi per la salute, il che facilmente porta all’equazione di meno sono gli ingredienti, maggiore è la naturalità del prodotto. Se non molto tempo fa la tendenza era verso gli alimenti “light”, oggi lo è verso il “free from . Oggi uno dei claim più diffusi su alimenti e bevande è il “privo di conservanti”, ma sta rapidamente crescendo quello del “non OGM” o del “senza lattosio”.

In grande crescita sono i prodotti senza glutine e si stimano, sempre negli USA, al 20% i consumatori che seguono una dieta “gluten free”. Questa percentuale è però molto superiore ai soggetti celiaci, il che porta a concludere che il driver sia la percezione che una dieta priva di glutine è più sana. Di conseguenza, l’industria ha saputo migliorare notevolmente il gusto e la gamma dei prodotti privi di glutine per soddisfare la richiesta di fasce crescenti di consumatori.

Lo stesso si può dire per i prodotti vegani, che stanno sorpassando come richiesta quelli semplicemente vegetariani, a dimostrazione di una crescente preferenza verso l’origine vegetale del cibo anche per quanto riguarda le fonti proteiche. Argomenti di natura etica ed ambientale, così come l’insorgere di intolleranze od allergie alimentari, sembrano poi spingere più di prima fasce di consumatori verso prodotti senza lattosio ed a sostituire i lattiero-caseari con i vegetali come fonte di proteine. Dalla soia alle mandorle, noce di cocco, quinoa, fino alle alghe, solo per citarne alcune, sono molte le fonti vegetali per le bevande alternative del latte.

L’industria dovrà continuare a prestare attenzione verso questa evoluzione ed alla necessità di miscelare diverse fonti proteiche, nell’ottica del concetto fusion che riguarda il cibo come la cultura. In questa ricerca di fonti alternative a quelle tradizionali si colloca poi una nuova categoria di consumatori: i flexitarians. Sono quelli che non disdegnano carne e formaggi, ma che li lasciano anche da parte per prodotti alternativi percepiti come più rispettosi di salute ed ambiente.

Dunque, più che mai, innovare per competere.

Fonte: IFT16 News

CLAL.it - Distribuzione del valore delle importazioni lattiero-casearie in USA

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Leo Bertozzi
Informazioni su

Agronomo, esperto nella gestione delle produzioni agroalimentari di qualità e nella cultura lattiero-casearia.

Pubblicato in Alimentazione, Consumatore, Dairy varie, Innovazione, USA

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