Autosufficienze nel Mondo, la chiave di una nuova prosperità: l’opinione di Angelo Rossi

Si è detto che il Covid non ha fatto altro che accelerare alcune dinamiche già in corso. Non ha creato, di fatto, alcuna nuova tendenza, semplicemente ha fatto sì che si evolvessero o si completassero le evoluzioni già in atto. È accaduto e sta avvenendo con l’e-commerce, con la ricerca di prodotti sostenibili, con lo smart working, con il biologico, la ricerca di una vita più sana, più green, anche a tavola. Con una nuova attenzione che abbraccia tutti gli anelli delle catene di approvvigionamento.

Limitiamoci al settore lattiero caseario. Una ventina di anni fa, almeno se restringiamo il campo all’Italia e ad alcuni Paesi europei, il mantra era più o meno il seguente: produciamo di più, via le quote latte e i vincoli produttivi, raggiungiamo l’autosufficienza nella produzione di latte.

Di fatto, possiamo affermare che l’Italia l’ha quasi raggiunta e, per alcuni periodi dell’anno, ci riferiamo in particolare alla primavera, possiamo dire di avercela fatta.

CLAL.it - L'Italia ha quasi raggiunto l’autosufficienza nella produzione di latte

CLAL.it – L’Italia ha quasi raggiunto l’autosufficienza nella produzione di latte

Il portale CLAL.it offre l’opportunità di osservare quello che abbiamo definito “Atlante del latte”, la mappatura cioè delle produzioni lattiere, con relativo tasso di autosufficienza.
Gli ultimi dati disponibili sono relativi al 2019, ma la tendenza dello scorso anno è stata quella di una maggiore produzione di latte, per cui il ragionamento ne esce, semmai, rafforzato.
Le percentuali di seguito riportate indicano il tasso di autosufficienza per la produzione di latte: Europa (114%), Usa (110%), India (100%), Sudamerica (97%), Africa (93%), Medio Oriente (75%), Cina e Sud-Est Asiatico (66%) di cui Paesi ASEAN (37%), Russia (96%), Oceania (370%).

CLAL.it - L'Atlante del Latte mappa l'autosufficienza latte nel mondo

CLAL.it – L’Atlante del Latte mappa l’autosufficienza latte nel mondo

Possiamo affermare che vi sia equilibrio a livello mondiale? L’India è il primo Paese produttore al mondo per quantità di latte, con una media inferiore ai due capi per azienda, se così possiamo chiamare una realtà produttiva che, molto spesso, integra il reddito di una famiglia che si occupa di altro. Cosa accadrebbe se, nel giro di alcuni anni (anche 20 o 30), il subcontinente indiano si attrezzasse per produrre oltre il proprio fabbisogno e cominciasse a esportare? Quali sarebbero le conseguenze sui prezzi a livello mondiale? E per l’India?

Prendiamo ora l’Oceania, che produce il 370% del proprio fabbisogno, con volumi esportati significativi. Già oggi l’opinione pubblica teme per gli aspetti ambientali legati alla crescita vertiginosa delle produzioni. Ora, da un lato è bene evitare suggestioni, non cadere nelle trappole delle fake news e di un ambientalismo assolutista, ma dall’altro è doveroso porsi la domanda di come affrontare al meglio una crescita sostenibile e razionale. Lo stesso vale per gli Stati Uniti e per l’Unione Europea, che hanno produzioni interne più elevate rispetto al fabbisogno.
Recentemente il Parlamento Europeo ha toccato il tema della Slowbalisation, una nuova forma di globalizzazione “decelerata”, meno spinta o più razionale rispetto a quella che abbiamo vissuto dalla Caduta del Muro di Berlino in poi.

Ripensare un nuovo modello di specializzazione nel settore lattiero-caseario

Questo non significa ritornare ad alzare barriere. Anzi, in una logica di favorire un commercio mondiale più etico, dove – accanto ai beni, ai servizi e alle risorse finanziarie circoli anche il know how e i prodotti, con adeguato riconoscimento di remunerazione – si possa favorire lo sviluppo delle economie locali, sarebbe opportuno ripensare a un nuovo modello di specializzazione nel settore lattiero caseario.

Come razionalizzare? Evitando di cercare l’esasperazione produttiva, ad esempio, incentivando alcune aree del pianeta a incrementare i volumi, così da favorire il raggiungimento dell’autosufficienza. Un lavoro non certo immediato, anche perché la popolazione mondiale è in aumento (sul pianeta ci saranno oltre i 10,5 miliardi di persone nel 2100), ma che spingerebbe ad esempio l’Unione Europea e l’Italia a specializzarsi nella propria vocazione casearia, lasciando magari la produzione di polveri ad altre zone del pianeta.
L’Italia ha un immenso patrimonio di prodotti Dop, la cui valenza è riconosciuta a livello internazionale. È una risorsa da valorizzare, non da disperdere.

Un discorso analogo, per rivedere i propri volumi lattieri, dovrà essere affrontato anche dagli Stati Uniti, mentre realtà come l’Africa o la Cina saranno chiamate a valorizzare i propri territori, così da favorire la crescita dell’economia territoriale. Il know-how potremmo fornirlo noi europei, così come gli Usa, l’Oceania, ma anche la Russia.

Questa ipotetica ristrutturazione non si lega a una soppressione degli scambi o alla riduzione dell’export (con i commerci viaggiano anche le informazioni e le idee, che sono alla base del progresso), ma auspica una maggiore fluidità del commercio, arrivando all’obiettivo “dazio zero” su scala mondiale, così da favorire la sicurezza alimentare e la prosperità diffusa, favorendo la sostenibilità ambientale, economica, etica e sociale.

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Angelo Rossi
Informazioni su

Fondatore di CLAL, Angelo Rossi è un esperto del settore lattiero caseario. Lo caratterizza una lunga esperienza dirigenziale, maturata in piccole e grandi aziende.

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