Ho portato i Formaggi italiani con me in Cina [intervista]

Alfonso Santomauro, Executive Italian Chef per Marriott Hotels & Resorts a Guangzhou (Canton)

Alfonso Santomauro, Executive Italian Chef per Marriott Hotels & Resorts a Guangzhou (Canton)

“I piatti più richiesti in Cina? Sono quelli più semplici”. Alfonso Santomauro, Executive Italian Chef per Marriott Hotels & Resorts a Guangzhou (Canton), la terza città per numero di abitanti nel Paese del Dragone, parte da lì, dall’abc della cucina, dall’esigenza di semplicità che è la leva per far apprezzare anche in Estremo Oriente la cucina italiana, che grazie alla fama della dieta mediterranea è diventata un sinonimo di lusso e salute alla portata di tutti.

Trentaquattro anni, dei quali quasi la metà a calcare le cucine di Italia (Cortina d’Ampezzo, Madonna di Campiglio, Campania, Toscana, Calabria), Egitto (Sharm-el-Sheik), Francia (Parigi), Londra, Dubai, Bahrein, Arabia Saudita, Santomauro è approdato da 1 anno e mezzo in Cina.

Qual è la sua formazione?

“Mi sono diplomato all’istituto alberghiero Roberto Virtuoso a Salerno, con il massimo dei voti. Da lì mi sono spostato a Milano all’università IULM: Scienze del turismo. Non mi attirava, mi dava l’idea di essere solo uno status symbol. Durante quell’anno a Milano ho lavorato alla Fiera in ristoranti di Milano, facendo alcune esperienze in cucina. Ho deciso di rientrare e per due anni ho seguito l’Università a Salerno in economia aziendale con specializzazione in Marketing dell’imprese, e lavorato negli alberghi della zona.”

Poi è andato all’estero.

“Sì. La prima esperienza all’estero è stata in Egitto, nelle strutture alberghiere sul Mar Rosso. È stata un’esperienza inizialmente stagionale, ma molto versatile: cucina internazionale a pranzo, italiano alla sera, con menù alla carta”.

Come è vista la cucina italiana all’estero?

“Se non siamo i migliori al mondo, ci manca poco. È una delle cucine più richieste al mondo”.

I nostri formaggi?

“Sono molto richiesti. Siamo conosciuti nel mondo per il Parmigiano Reggiano, il Gorgonzola, il Grana Padano. Io stesso ho contribuito a farne conoscere altri, perché li ho portati con me dall’Italia, come il Provolone o il Pecorino. Sono stati apprezzati. Qualcuno li conosceva già, ma non sapeva che fossero italiani”.

C’è competizione con i formaggi francesi?

Il formaggio italiano è di maggiore qualità e può contare su una gamma infinita di prodotti.

“Sono entrambi rinomati, ma la varietà dell’Italia la Francia se la sogna. A livello personale non ho dubbi: i francesi hanno certo ottimi prodotti, ma il formaggio italiano è di maggiore qualità. E può contare su una gamma infinita di prodotti. Sotto la voce di Italian cheese trovi formaggi dolci, salati, speziati, piccanti, erborinati, duri, morbidi, secchi cremosi. In Francia, invece, non sono così completi”.

A Parigi ha lavorato in ristoranti italiani. Che differenza c’è con la cucina francese?

“Sono molto diverse, anche in questo campo la cucina italiana è molto più varia, è frutto di ricette, proposte e tradizioni regionali o, addirittura, locali. La cucina francese, che è senz’altro ottima, è più omogenea. E i francesi in cucina sono molto curiosi: chiedono, sperimentano, si adattano, non chiedono molte varianti rispetto alla proposta del ristorante. Ecco, magari non amano la pasta al dente, ma non richiedono di stravolgere il piatto rispetto a quello che trovano proposto in carta. Forse in questo siamo più difficili noi italiani come clienti”.

Dopo quattro anni nella penisola araba, la Cina. Com’è stato passare dal lusso degli emiri alla Cina, per quanto in un hotel di prestigio?

L’Asia è il futuro e i piatti più semplici sono i più richiesti.

“L’impatto in Cina non è stato inizialmente facile, venendo appunto da Dubai, che è la perfezione. Ma l’Asia è il futuro: l’economia cresce lì e ho visto questa occasione come un’opportunità. Senza dubbio non è facile approcciarsi alla loro cultura. Canton è una città di 10 milioni di abitanti, molto viva, vicina a Hong Kong di cui risente positivamente in chiave di economia e di scambi commerciali. Due volte all’anno, in autunno e in primavera, viene organizzata una fiera campionaria che muove milioni di turisti. E poi il lato positivo che fa la differenza è che, mentre a Dubai sei un numero, assolutamente sostituibile anche se hai un ruolo importante, i cinesi sono come noi, amichevoli, ospitali, sono in grado di instaurare immediatamente un rapporto familiare. Ora che sono in Italia, ad esempio, mi scrivono tutti i giorni per sapere come sto, per chiedere consigli, mi aspettano”.

Il suo stipendio è calcolato su parametri occidentali?

“Assolutamente sì”.

Come è stato il suo approccio professionale?

“Ho dovuto lavorare molto e procedendo per gradi, senza strappi. I piatti più semplici sono i più richiesti, ma in cucina è stato necessario ripartire dalle basi, che non conoscevano. Facevano la carbonara con la panna, un’eresia. Stanno imparando, si fidano e hanno entusiasmo”.

Da quante persone è composta la sua brigata?

“Ci sono 18 ragazzi cinesi e 2 sous-chef che sono più grandi di me. Tutti gli altri hanno 20-22 anni, così riesco a plasmarli meglio. Li scelgo personalmente e posso contare anche su tre ragazzi delle scuole alberghiere cinesi”.

Quali sono i formaggi italiani più richiesti?

Provola affumicata, Parmigiano Reggiano, Grana Padano e Mozzarella sono i formaggi più richiesti.

“Dove sono io utilizziamo prodotti italiani: provola affumicata, Parmigiano Reggiano, ma anche Grana Padano, che i cinesi preferiscono, perché è più dolce. Ma anche moltissima mozzarella fiordilatte, il formaggio più richiesto perché è molto versatile; lo utilizziamo per gli antipasti nella classica caprese, ma anche per gli gnocchi alla sorrentina o nella pizza. Abbiamo anche il Gorgonzola, ma non è molto richiesto dai cinesi, che preferiscono sapori agrodolci”.

Ora che sembra che le importazioni di Taleggio e Gorgonzola saranno vietate, come farete?

“Non lo so, ma alcuni ipotizzano una importazione da Hong Kong. Il blocco è frutto di un protezionismo culinario. Siccome stanno crescendo su alcune produzioni locali, vogliono valorizzare il loro prodotto”.

I dati di Clal.it evidenziano che la Cina sta importando volumi crescenti di panna. Come mai?

La panna è molto utilizzata, anche nella cucina cinese. Poi è un prodotto che va fortissimo in diverse cucine, da quella francese a quelle più elaborate, come la russa e la libanese. Gli arabi vanno pazzi per la pink sauce, a base di panna e pomodoro. Inoltre, la panna trova sbocchi anche in pasticceria. Io ne faccio poco uso per i piatti salati, ma quando te la chiedono espressamente, devi accontentare i clienti”.

Lei insegna cucina anche all’esterno?

La TV cinese è molto interessata a promuovere il benessere.

“Sì. Organizziamo corsi e lezioni di cucina, ai quali partecipano altri cuochi o semplici food lover o anche donne. Sono assistito da un traduttore, ma come dico sempre, l’arte in cucina si impara rubando con gli occhi. È la gestualità che fa la differenza in alcune preparazioni. E sono stato intervistato più volte dalla televisione cinese, molto interessata a promuovere il benessere. Io sono longilineo e uno chef magro è visto come qualcosa di raro ed è considerato un ottimo messaggero per diffondere la cultura di una dieta equilibrata”.

Sarebbe disponibile a fare da ambasciatore dei formaggi e dei vini in italiani, nei suoi corsi?

“Certamente. Magari insieme, per comunicare gli abbinamenti possibili”.

Che cosa suggerirebbe ai produttori di formaggi italiani?

Consiglio ai produttori di formaggi italiani di venire in Cina, dove le potenzialità di mercato sono altissime.

“Di venire personalmente in Cina. Viverla direttamente non è come guardarla da fuori. Se uno è presente riesce a studiare il posto, a leggere le persone, a capirle senza fermarsi agli stereotipi o, peggio, ai pregiudizi. Stiamo parlando di un Paese che ha un grande valore. Le potenzialità di mercato sono altissime, perché non ci sono solo i cinesi, ma anche molti espatriati, che hanno la cultura dei formaggi e la curiosità di utilizzarli in cucina o di abbinarli ai vini”.

Cosa ti manca dell’Italia?

“Quando sei lontano ti rendi conto di quanto è bella. È il posto più bello del mondo. Abbiamo storia, cultura, cibo, vini, luoghi meravigliosi. E poi mi mancano la famiglia, gli amici, gli affetti”.

Che cosa apprezzi della Cina?

“Apprezzo l’assenza di criminalità e come sanno valorizzare le persone. Pensi che in molti mi cercano per un selfie. Se rispetti le loro regole, in generale, non ci sono problemi”.

Qual è il suo obiettivo?

“Cercare di migliorarsi sempre. Mi sento di essere in crescita, per cui voglio continuare ad imparare e stare al passo coi tempi”.

Con il lavoro che fa riesce a praticare sport?

“Sì: nuoto, gioco a calcio, faccio jogging, mi tengo in forma, perché il mio è un lavoro che richiede un stress psicofisico notevole”.

È sposato o fidanzato?

“No. Adesso preferisco essere solo e fare nuove esperienze in giro per mondo”.

CLAL.it - Esportazioni Italiane in Cina

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Matteo Bernardelli
Informazioni su

Giornalista. Ha scritto saggi di storia, comunicazione ed economia, i libri “A come… Agricoltura” e “L’alfabeto di Mantova”.

Pubblicato in Alimentazione, Cina, Consumatore, DOP / IGP, Formaggio, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella, Parmigiano Reggiano

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