Igor Gorgonzola: tradizione e innovazione, anche nell’Export [Intervista a Giulia Leonardi]

Giulia Leonardi – Key account manager di Igor Gorgonzola

Giulia Leonardi – Key account manager di Igor Gorgonzola

Giulia Leonardi è la giovane export key account manager di Igor Gorgonzola, una delle realtà più dinamiche del settore. Lo dicono i numeri: 195 milioni di euro di fatturato nel 2021, 350 dipendenti, 2,6 milioni di forme di Gorgonzola prodotte ogni anno, il 55% del giro d’affari ottenuto grazie all’export in tutto il mondo. La sede principale di Igor Gorgonzola è a Cameri (Novara), dove vi sono due produzioni industriali automatizzate, e altri tre siti di lavorazione artigianale e un sito di stagionatura artigianale nel novarese.Con una laurea triennale conseguita alla Cattolica in Economics and Management e una specializzazione in Francia, dove ha frequentato il master in Innovation, Strategy and Entrepreneurship alla Grenoble École de Management, con Giulia Leonardi non possiamo che partire da qui.

Quali sono le differenze tra il metodo di formazione in Italia e in Francia?

“Sono molto diversi fra loro. Il metodo di insegnamento francese è per lo più basato sulla messa in pratica delle conoscenze, tramite stage e con approcci di lavoro di gruppo e di formazione che ti portano sistematicamente al di fuori della scuola. Quando si ottiene un voto i parametri di riferimento che sono alla base sono rappresentati per il 50% dal lavoro di gruppo, per il 20% dai test, scritto e orale, e il restante 30% è costituito da valutazioni che si sviluppano durante le lezioni in classe o i compiti a casa. Al contrario, il metodo di insegnamento italiano è molto frontale, nel senso che il professore spiega e lo studente segue e studia. Entrambi sono stati per me molto utili e se dovessi suggerire a un giovane dove studiare, sicuramente l’esperienza all’estero è un qualcosa in più che si rivela molto utile. In Francia nel nostro corso di studi eravamo in 50 studenti, provenienti da 20 Paesi del mondo”.

Come sta andando la produzione? 

“Per la prima volta dopo diversi anni di crescita, il settore del Gorgonzola è in calo di produzione: -4% a ottobre e con la proiezione di arrivare al -5%, che significa produrre 250mila forme in meno entro fine anno.

Storicamente nel settore del Gorgonzola si segue una dinamica consolidata: nel periodo estivo si acquista latte spot per incrementare le produzioni in vista degli aumenti delle vendite nel periodo invernale. Quest’anno però, a parte gli esorbitanti costi della materia prima lattica, vi è stata una forte carenza di latte spot sul mercato e quindi le aziende trasformatrici non potendo comprare quantità aggiuntive di latte, non hanno potuto produrre come gli anni precedenti. Inoltre, abbiamo avuto anche un calo sulle nostre raccolte latte, dove, a parità di stalle, vi è stata una flessione dell’1,65% a ottobre e dell’1% a novembre. Quindi, al di là dei prezzi del latte, quello che ha influito principalmente sul calo delle produzioni è stata la poca disponibilità di latte sul mercato”.

Da cosa è dipeso il calo?

“Da un insieme di cose. La siccità, che ha colpito pesantemente fra dicembre 2021 e la fine dell’estate, unita a temperature sopra le medie stagionali, ha sicuramente influito molto sia sulla produzione di latte che sui prezzi delle materie prime. Inoltre, il calo di produzione di latte in Germania e in Francia ha fatto sì che i grandi trasformatori o le aziende casearie in Italia si siano rivolte per reperire il latte sul mercato nazionale, riducendo così ulteriormente la disponibilità. A tutto questo bisogna aggiungere un rallentamento delle produzioni italiane negli ultimi mesi, legato anche all’aumento delle macellazioni”.

Il Gorgonzola ha avuto una crescita interessante all’estero: +3,8% fra gennaio e agosto in quantità e +12,4% in valore. Quali sono i punti di forza?

Possiamo contare su una connaturata adattabilità in tutti i canali distributivi

“Le performance dell’export del Gorgonzola, come ha ricordato, sono state eccellenti. A parte il 3,8% degli otto mesi del 2022, abbiamo chiuso il 2021 con una crescita del +5%, e negli ultimi 4 anni abbiamo assistito a un incremento del +18% in volume: è un risultato incredibile, soprattutto considerando il periodo pandemico. Questi numeri mostrano un’incredibile forza del nostro prodotto e i margini di crescita che ancora possiamo avere. Il Gorgonzola, in particolare, è la terza Dop italiana per volumi dopo Grana Padano e Parmigiano Reggiano ed è considerato dai buyer un must have, imprescindibile nel paniere dei prodotti che non possono mancare nell’offerta. Ecco un altro punto di forza, a mio avviso: possiamo contare su una connaturata adattabilità in tutti i canali distributivi. Non dimentichiamo che il Gorgonzola è richiesto e presente in tutte le principali catene del retail, dai grossisti, dall’HORECA, ma anche dall’industria, in quanto è un formaggio largamente utilizzato come ingrediente per pizze farcite, salse, paste ripiene. Ha una duttilità di utilizzo infinita, può essere mangiato da solo o come accompagnamento di qualsiasi pietanza. Per questo infatti, come Igor e come Consorzio Gorgonzola investiamo molto sull’attività digitale su portali di ricette e sul coinvolgimento dei food-influencer, per mostrare gli svariati modi di utilizzo del prodotto. Ma, ancora più importante, la forza del gorgonzola è la sua qualità, genuinità, autenticità, artigianalità, e la tradizione dell’arte casearia che si tramanda di padre in figlio da generazioni. Sono, anche questi, punti di forza che rappresentano il pilastro del settore: la materia prima di qualità, il territorio e i valori unici, elementi che dobbiamo comunicare, perché sono aspetti sempre più richiesti dal consumatore”.

Quali sono i mercati dove siete maggiormente presenti e quali prospettive avete?

Puntiamo a creare partnership stabili

“Prevalentemente in Europa, diciamo nell’ordine dell’80% e dove possiamo contare su collaborazioni ormai decennali in molti Paesi, a partire dalla Germania, il nostro primo mercato, e dalla Francia. Come azienda abbiamo sempre avuto una filosofia molto chiara: puntiamo a creare partnership stabili e di lunga durata, improntate sulla collaborazione reciproca, per crescere e sviluppare insieme ai nostri clienti. Siamo molto presenti anche in Spagna, Austria, Olanda, Polonia, Romania, e in tutta l’Europa Orientale.

Le prospettive sono quelle di mantenere l’Europa al centro della nostra strategia di export, consolidando i volumi conquistati negli anni, ma anche tenendo presente che vi sono ancora molte opportunità di crescita su questi mercati ritenuti storici e dove siamo presenti da molti anni. La Francia, ad esempio, cresce a doppia cifra ogni anno.

Allo stesso tempo puntiamo anche verso i Paesi Extra-Ue. Il mercato asiatico è molto promettente, ma è anche vero che servono approcci mirati di educational, soprattutto per un prodotto come il gorgonzola. Lavoriamo molto bene col Canada, grazie all’accordo CETA, mentre troviamo qualche difficoltà negli Stati Uniti per via del fenomeno dell’Italian Sounding, che ci costringe a confrontarci con formaggi similari di produzione domestica, che sono più competitivi sul fronte dei prezzi e che sono stati negli anni sostenuti da politiche di America First”.

È un grande limite l’Italian Sounding?

“Per il gorgonzola nello specifico sì. Per esempio, a livello di settore gorgonzola esportiamo più volumi in Romania che negli Usa”.

Qual è l’approccio con i mercati asiatici?

Nei mercati asiatici l’approccio migliore è quello di fare sistema Paese

“Quando parliamo di mercati asiatici l’approccio migliore è quello di fare sistema paese, ovvero di collaborare insieme al Consorzio Gorgonzola, ad Assolatte, ad ICE e MAECI per svolgere attività più efficaci ed efficienti sia di educational sia attività promozionali. Per le attività promozionali solitamente si cerca di coinvolgere o portali di ricette o food-influencer e chef locali, che utilizzano o conoscono la cucina italiana, per cercare di adattare gli usi e costumi della cucina locale ai nostri prodotti, anche per fare più presa sul consumatore locale”.

La Cina?

“Tra i Paesi asiatici è uno dei mercati più ostici, perché abbiamo un gap di usi e costumi. Culturalmente il formaggio, soprattutto il Gorgonzola, è molto lontano dagli usi nella cucina cinese. Poi vi è anche un problema generazionale (o anche futura opportunità), ovvero, i consumatori dai 50 anni in su mangiano solo cibo cinese; tra i 40 e i 50 anni escono circa una volta a settimana a provare cibo internazionale; tra i 30 e i 40 anni mangiano fuori casa 2-3 volte alla settimana e sotto i 20 anni ci troviamo a che fare con una popolazione più globalizzata e più aperta alla cucina internazionale.

In Cina si dovrà lavorare molto dal punto di vista di “educational”


È proprio su questa fascia di età, molto più aperta culturalmente alle nuove esperienze, che cerchiamo di puntare. In ogni caso, si dovrà lavorare molto dal punto di vista di educational. E questo sia per presentare il prodotto che per mostrare come usarlo in cucina”.

Quanto pesa il “servizio” nell’export? Che prodotto cercano all’estero? E con quali tagli?

“Il servizio nell’export al giorno d’oggi è fondamentale. Per questo, noi come Igor abbiamo investito molto nel nostro reparto di confezionamento, dove ad oggi, grazie a 29 linee di confezionamento siamo in grado di soddisfare le diverse esigenze dei consumatori grazie a diversi formati di prodotto.

Inoltre, offriamo diverse qualità e tipologie in base alle richieste di mercato. Infatti, negli anni abbiamo investito molto anche nei caseifici artigianali, quindi siamo in grado di offrire una tipologia di prodotto che va dal più premium cremoso al cucchiaio, a tipologie di gorgonzola più sostenuto per la ristorazione, e diverse tipologie per il retail.

Le chiavi del nostro successo sono state la flessibilità e l’adattabilità 

Abbiamo investito molto anche sul Gorgonzola cubettato, che presenta enormi vantaggi non solo legati alla praticità di utilizzo, ma anche perché si riducono moltissimo gli sprechi.

La chiave del nostro successo, dunque, è stata proprio la flessibilità e l’adattabilità alle diverse esigenze dei consumatori del mondo, cercando di sviluppare più referenze e tipologie di prodotto diverse per soddisfare i bisogni del mercato”.

Che investimenti avete fatto in azienda, recentemente, e quali sono i prossimi investimenti in programma?

“L’ultimo investimento di grande impatto è stato il completamento della quinta espansione della sede di Cameri a fine 2019, grazie alla quale abbiamo installato un secondo coagulatore in continuo totalmente automatizzato all’insegna dell’industria 4.0, interconnesso con sensori Siemens Internet of Things, che ci ha permesso di aumentare la nostra capacità produttiva di 4mila forme al giorno e quindi raggiungendo ad oggi una capacità produttiva totale di circa 10mila forme di Gorgonzola al giorno.

È stato un investimento importante, sempre in linea con la nostra filosofia aziendale di mettere l’innovazione tecnologica al servizio della tradizione. Infatti, abbiamo cercato di riprodurre il più possibile una produzione artigianale, ma su un sistema industriale. In questo progetto abbiamo investito molto anche in sostenibilità, efficientando ogni parte del sistema di produzione per ottimizzare l’uso di risorse naturali, energia, calorie e frigorie.

Tre anni fa, inoltre, Igor ha acquisito l’azienda Si Invernizzi, unica nel suo genere, in quanto si produce ancora Gorgonzola in caldaiette da 700 litri come si faceva una volta. Un’acquisizione strategica per il nostro gruppo, per svilupparci ulteriormente nel mondo un gorgonzola premium e di altissima qualità.

Inoltre, continuiamo ad investire in sostenibilità. Infatti abbiamo sviluppato il nostro metodo di sostenibilità chiamato tre P, basato su: prodotto, produzione e packaging, dove mostriamo tutta una serie di interventi che hanno coinvolto queste tre aree, tipo: 100% benessere animale, trasporti ecologici a metano, efficientamento energetico, energie rinnovabili, la riduzione della plastica e un nuovo eco-pack 100% riciclabile.

Anche i prossimi investimenti guarderanno sempre gli aspetti della sostenibilità e dell’efficienza”.

Dove pensa potrà assestarsi il mercato nel corso del 2023?

“È estremamente difficile dare una risposta, perché ci troviamo di fronte molte variabili che si collocano al di fuori del nostro controllo e questo influisce sia sulla visione di breve periodo che di medio e lungo periodo. Siamo alle prese con una marcata volatilità e con situazioni di incertezza che vanno dal costo della materia prima a quello dell’energia e degli imballaggi. Nel 2023 avremo forse qualche variazione, ma i costi di produzione temo si manterranno elevati, nel loro complesso.

Sull’export continuiamo a vedere segnali positivi e questo rappresenta per le imprese una boccata d’ossigeno, ma non sappiamo se il 2023 confermerà numeri soddisfacenti”.

Giulia Leonardi

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Matteo Bernardelli
Informazioni su

Giornalista. Ha scritto saggi di storia, comunicazione ed economia, i libri “A come… Agricoltura” e “L’alfabeto di Mantova”.

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