I cammelli, o per meglio dire i dromedari, producono un latte che da sempre è stato fonte di nutrimento nelle regioni aride e desertiche del mondo che oggi sta suscitando interesse essendo ipoallergenico e con un elevato contenuto di peptidi bioattivi.
Il latte di cammella ha un contenuto di acqua compreso tra l’87% e il 90%, livelli di proteine che variano tra il 2,15% ed il 4,9%, grassi compresi tra l’1,2% e il 4,5% ed un lattosio che varia tra il 3,5% e il 4,5%; rappresenta solo lo 0,4% della produzione mondiale, collocandosi al quinto posto dopo quello di vacca (85%), bufala, capra e pecora.
Contiene peptidi con proprietà antimicrobiche e antipertensive
Oltre l’80% di questi mammiferi vive in Africa, di cui il 60% in Sudan, Somalia, Etiopia, Kenya, e la restante parte in Medio Oriente, nelle steppe asiatiche ed anche nelle regioni semiaride australiane. Proprio in Australia, ricercatori dell’università Edith Cowan di Perth hanno dimostrato che i peptidi bioattivi contenuti nel latte di cammella possono avere
proprietà antimicrobiche ed antipertensive inibendo selettivamente alcuni agenti patogeni e, così facendo, creare un ambiente intestinale sano, oltre ad avere il potenziale di
ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.
La β-lattoglobulina non è presente nel latte di cammella
La ricerca ha poi ribadito che il latte di cammella
non contiene beta-lattoglobulina (β-Lg), che rappresenta il principale allergene del latte. Tutto questo è un potenziale per sviluppare prodotti innovativi per la nutrizione personalizzata e Paesi come gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita stanno
investendo negli allevamenti di cammelle da latte. Grazie alla
selezione genetica e a un’
alimentazione appropriata, è possibile ottenere produzioni giornaliere che possono raggiungere anche i 30 litri di latte.
Questi animali tanto diversi non sono poi così lontani: basti pensare alla loro presenza in Spagna ed anche in Sicilia durante la conquista araba. Chissà che con il cambiamento climatico tornino di interesse anche alle nostre latitudini.
Fonte: ECU – Edith Cowan University


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