Sostenibilità fa rima con credibilità

Bisogna dire le cose come stanno in modo trasparente, non fare immagine: in questo debbono impegnarsi le imprese nel 2022 per essere credibili sulle loro affermazioni di sostenibilità.

Che si tratti di prodotti originali, innovativi, di origine vegetale o da coltivazione cellulare, l’indicazione in etichetta di elementi quali l’uso di materiali riciclati o la riduzione delle emissioni carboniose deve innanzitutto essere veritiera. Meglio dire le cose come stanno che fare greenwash o “fuffa” pubblicitaria. La moda attuale è la corsa ad affermare il proprio LCA, life cycle assessment, mostrare le ecolabels, evidenziare claims ambientali che sono poi promossi sugli scaffali dei supermercati. Ma questo sembra influire poco sulle scelte immediate di consumo.

Le cose cambieranno, ma occorre tempo. Soprattutto occorre ottenere la fiducia dei consumatori. Non basta un’etichetta per cambiare la situazione. Le aziende debbono convincersi che i consumatori voglio fare migliori scelte d’acquisto. Molti ritengono che non si vada abbastanza veloci nel mettere in pratica azioni sostenibili. Una ricerca di Globespan su 30 mila consumatori in 31 mercati ha mostrato che il 47% vorrebbe avere uno stile di vita più favorevole all’ambiente, ma solo il 23% ha fatto scelte concrete in tal senso negli ultimi 12 mesi; il 60% afferma la volontà di seguire stili di vita più sani, ma solo il 28% ha fatto qualcosa di concreto.

I consumatori chiedono maggiori e migliori informazioni; la ricerca darà nuove acquisizioni; gli investitori solleciteranno maggiormente imprese e distributori; gli attivisti stimoleranno sempre più. La domanda sarà sempre più polarizzata su prodotti migliori per le persone ed il pianeta, il che potrebbe dar fiato all’allevamento etico. La neutralità carbonica sarà al primo posto e ci sarà molto da fare in tal senso.

“Le nostre porte sono aperte!”

Nel 2020 le aziende di “carne coltivata” hanno raccolto 317 milioni € di finanziamenti, sei volte più che nel 2019, con 70 imprese impegnate in 15 diversi tipi di carne. Questo non significa però che la strada sia spianata: anche queste aziende debbono dimostrare le loro specificità ambientali. Le proteine alternative sono stimolanti, ma sia che si tratti di coltivazione cellulare, da insetti od alghe, molti produttori tengono nascosti i loro processi produttivi. Un esempio virtuoso è Upside Foods, una tech company in California che ha aperto un “engineering, production and innovation centre”. Attraverso grandi finestre è possibile vedere i bioreattori che producono la carne coltivata ed il messaggio è “le nostre porte sono aperte!”.

La trasparenza sarà la chiave per attrarre i consumatori ed anche i legislatori. Troppe imprese ancora non dicono nulla sulle loro azioni di sostenibilità. Secondo la FAO, i sistemi alimentari sono responsabili per il 31% di emissioni di gas climalteranti (16,5 miliardi di tonnellate). Ci sono impegni sulla deforestazioni, ma temi essenziali quali i consumi di prodotti animali o l’agricoltura rigenerativa per recuperare la biodiversità, sono pressoché ignorati. Il 72% dei consumatori USA si dicono favorevoli all’agricoltura rigenerativa ed alla tutela dei suoli. Ci si attende che nel 2022 le grandi imprese alimentari (big foods) diano slancio all’agricoltura rigenerativa e che gli attivisti dicano in concreto cosa vogliono fare.

Essere CEO di un’azienda alimentare nel 2022 non sarà facile. La riduzione delle emissioni per arrivare al bilancio zero sarà dura da digerire e da attuare. Gli azionisti dovranno essere convinti che i maggiori costi per gli investimenti di oggi, daranno i loro frutti. Poi ci sono i consumatori che vogliono solo una cosa: la verità detta nel modo giusto. Negli USA solo il 54% dei consumatori crede alle affermazioni delle imprese sugli impegni ambientali. Essi vogliono che imprese ed ONG collaborino più che scontrarsi. Si dice il problema plastica era un fatto di ieri mentre la preoccupazione di oggi sono le emissioni. Sono però due argomenti collegati. Il packaging rappresenta ad esempio il 24% delle emissioni di Pepsi e ciò dimostra il chiaro legame fra azioni per il clima e per le altre azioni di sostenibilità, dai consumi di acqua alla plastica alle condizioni sociali dei lavoratori, alla perdita di biodiversità. La produzione primaria è strettamente correlata alla biodiversità.

Bisognerà stabilire delle normative uniformi, basate su dati scientifici. Per finire: nel 2010 l’ Harvard Business Review ha pubblicato ‘Leadership in the age of transparency’. Secondo gli autori, la chiave per diventare un leader attuale è di assumere responsabilità sulle esternalità, termine con cui gli economisti definiscono gli effetti (come l’inquinamento) sui quali non si è chiamati a rendere conto.

Bisogna dunque pensare alla responsabilità che il produttore ha, in senso lato.

Fonte: Just Food

Supermarket

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Leo Bertozzi
Informazioni su

Agronomo, esperto nella gestione delle produzioni agroalimentari di qualità e nella cultura lattiero-casearia.

Pubblicato in Sostenibilità