Burro e dieta: una lunga storia di alti e bassi

Il grasso nella dieta è uno degli argomenti più discussi e controversi degli ultimi decenni.

Da quando, alla fine degli anni ’50 il fisiologo USA Ancel Keys presentò gli studi che portarono alla cosiddetta dieta mediterranea, l’uso del burro venne fortemente messo in dubbio.  Nel 1977 il rapporto Dietary Goals for the United States indicò agli americani di consumare più vegetali ed altri carboidrati a scapito di latticini, uova e carne rossa. Da subito i media ne diedero grande risalto e la prestigiosa rivista Time, nel marzo 1984, dedicò una copertina alla correlazione fra aumento del colesterolo e grassi animali, sottolineando come invece i grassi polinsaturi presenti nei semi vegetali (mais, girasole, soia, sesamo), avessero l’effetto opposto. Nel 1980, Department of Agriculture e Department of Health and Human Services USA pubblicarono le prime linee guida per una sana alimentazione, raccomandando di ridurre tutti i tipi di grasso. Di conseguenza si diffuse la mania delle diete low fat, con la conseguenza di sostituire negli alimenti i grassi con gli zuccheri raffinati ed il burro con la margarina, ma la soluzione proposta non migliorò certo il problema di una alimentazione sbilanciata.

Nel luglio 2014 Time magazine dedicò una copertina al burro, dal titolo Eat butter, dove si sottolineava come si dovessero preferire prodotti naturali rispetto a quelli fabbricati artificialmente. Le nuove acquisizioni nutrizionali indicano ora che problematiche quali obesità e diabete tipo 2 si debbono attribuire ai carboidrati, zucchero ed edulcoranti, più che ai grassi.

In generale i media hanno dato ampio risalto a tutte queste notizie, spesso in modo contraddittorio, nello sforzo di voler semplificare una problematica complessa. Così, alle margarine è stata data una grande enfasi negli anni scorsi, lasciando supporre al consumatore che tali prodotti fossero più benefici del burro, mentre attualmente è stato chiarito come non solo possano aumentare il tasso di colesterolo LDL, ma anche ridurre il colesterolo “buono” (HDL).

Gli effetti sul mercato sono stati molto pesanti.

Bisogna comunque considerare come si mangi il cibo e non i suoi singoli componenti, quali il grasso. Pertanto, la tematica della dieta deve essere affrontata nella sua complessità, con equilibrio, ricercando quel patrimonio di sapori, gusti ed aromi, che alimenti naturali quali il burro sanno dare.

Il mercato lo sta capendo.

Fonte: Vox

CLAL.it - USA: Import di Burro

CLAL.it – USA: Import di Burro

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Leo Bertozzi
Informazioni su

Agronomo, esperto nella gestione delle produzioni agroalimentari di qualità e nella cultura lattiero-casearia.

Pubblicato in Burro, USA

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