In Nuova Zelanda sta prendendo piede il latte di pecora. Certo, si tratta di una produzione ancora del tutto marginale rispetto al latte bovino e concentrata nell’Isola del Nord in un’area non distante da Auckland, ma anche questa conta in un paese dove l’interesse primario è l’esportazione.
L’export potrebbe triplicare nei prossimi tre anni
Pur nella ristrettezza dei numeri, la dinamica produttiva è forte: basti pensare che si è passati dalle 105 tonnellate di latte nella stagione 2016-17 alle 522 tonnellate in quella attuale, con
un valore export di 6,6 milioni di Euro che si pensa possa triplicare nell’arco dei prossimi tre anni. In media una pecora neozelandese produceva 60-90 litri di latte a stagione, ma grazie alla genetica europea si è arrivati a 300-400 litri, con una punta massima di 600 litri. La spinta produttiva è gestita attentamente per avere una crescita in linea con la domanda di un mercato estero rappresentato soprattutto dalla
Cina ma anche da
USA, Taiwan, Giappone, Singapore, paesi dove c’è un crescente interesse per il latte ovino a causa del suo gusto, del colore più bianco di quello bovino ed anche per i suoi valori nutrizionali specifici. Le richieste derivano soprattutto dalle
aziende che producono prodotti per l’alimentazione di bambini ed adulti, per l’attività sportiva e per la nutrizione medica.
Gli indirizzi agli allevatori per le scelte aziendali, la conversione di vecchie stalle per bovini, la selezione genetica delle pecore, la mungitura, sono forniti dalle due imprese di polverizzazione che raccolgono il latte e lo esportano, grazie alle acquisizioni di una propria azienda sperimentale per l’innovazione.
Diversificare con una strategia di mercato
La decisione di allevatori di ovini da carne o lana, così come di aziende bovine con dimensioni ormai insufficienti di convertire le produzioni a latte di pecora, deriva senz’altro dalla maggiore redditività, ma anche per
diversificare le attività in modo da gestire meglio le opportunità di mercato e rispondere alle richieste di sostenibilità da parte della popolazione che è via via più critica verso l’impatto ambientale di allevamenti bovini con dimensioni sempre maggiori.
Aziende di trasformazione ed allevatori operano con un approccio collaborativo per l’innovazione, in modo da gestire le produzioni in funzione dei mercati con strategie a lungo termine nell’interesse della filiera.
La grande esperienza neozelandese nella polverizzazione del latte e nella sua collocazione sui mercati mondiali rappresenta una opportunità per sfruttare anche le potenzialità del latte ovino, sempre più apprezzato e richiesto per le sue qualità. Una prospettiva, questa, anche per i nostri grandi formaggi ovini.
CLAL.it Milk Atlas – Latte Ovino in UE-27
Fonte: Stuff
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