Maggior competizione nel mercato mondiale del formaggio

Dal 2010 il commercio mondiale dei formaggi è cresciuto in media del 3% all’anno, grazie alle produzioni di UE ed USA. Quella argentina è rimasta stagnante, mentre è stata notevole la penetrazione commerciale dell’Oceania, grazie alla vicinanza con i mercati asiatici, anche se i due maggiori poli caseari mondiali, UE e USA, stanno acquisendo posizioni preminenti e rappresentano ormai il 77% della produzione mondiale di formaggio (fonte USDA).

Il calo nei consumi di latte comporta una maggiore trasformazione a formaggio che supera i consumi interni e che rende indispensabile lo sbocco all’export. In particolare gli USA, che da importatore netto sono divenuti Paese esportatore di formaggio. In Australia sono stati realizzati nuovi impianti caseari, ma la capacità di crescita dell’export è incerta data la riduzione nella raccolta di latte, mentre risulta migliore quella della Nuova Zelanda grazie ai consistenti investimenti negli impianti a mozzarella.

Nel 2024 le importazioni cinesi di formaggio dovrebbero superare le 200 mila tonnellate

Secondo Rabobank, si calcola che negli ultimi cinque anni il potenziale produttivo a formaggio sia aumentato di oltre un milione di tonnellate, con un investimento pari a 3 miliardi di dollari, il che porterà ad una maggiore competizione sui maggiori mercati all’export, cioè quelli asiatici ed in primo luogo la Cina, le cui importazioni dovrebbero superare le 200 mila tonnellate nel 2024.

Il più grande importatore di formaggio resta comunque il Giappone, oltre a Corea, Indonesia, Malesia, Filippine,Singapore, Thailandia e Vietnam, che nei prossimi cinque anni dovrebbero assorbire 190 mila tonnellate di formaggio. Non deve dunque sorprendere se, ognuno per proprio conto, UE e Stati Uniti mettono in atto accordi commerciali per definire delle regole che facilitino gli scambi.

E’ il caso ad esempio del Giappone per l’Economic Partnership Agreement con la UE, cui è seguito il recente negoziato per un accordo commerciale con gli USA. Un altro esempio è la opposizione USA alla protezione delle Indicazioni Geografiche in tali accordi di libero scambio, ritenendola uno svantaggio competitivo.

Non tutto però è roseo, considerando i fattori esterni che possono influenzare anche il commercio del formaggio; le tensioni commerciali fra USA e Cina, l’incognita Brexit, i dazi verso la UE, ma anche le fluttuazioni nel prezzo del petrolio ed i tassi di cambio, possono rendere incerto un futuro che presenta buone prospettive di crescita nei consumi.

Le imprese reagiscono rapidamente a questa dinamica, non solo ammodernando ed incrementando gli impianti ma anche attraverso fusioni ed acquisizioni. La vera incognita resta quella geopolitica, che potrà determinare in larga misura fra vincitori e perdenti.

CLAL.it - Export Mondiale di Formaggio

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Fonte: Rabobank

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Leo Bertozzi
Informazioni su

Agronomo, esperto nella gestione delle produzioni agroalimentari di qualità e nella cultura lattiero-casearia.

Pubblicato in Export, Formaggio