Le maggiori imprese di trasformazione comunicano le emissioni?

Il dato è noto: il 14,5% delle emissioni antropiche in atmosfera di gas effetto serra (GHG) è dovuto alle produzioni animali. Ma, chi sono i responsabili di questi effetti? Solo agricoltori ed allevatori, oltre ai consumatori che si nutrono dei loro prodotti?

Uno studio delle università di New York e di Harvard ha affrontato questa tematica nel suo complesso, esaminando anche gli impegni ambientali assunti dalle maggiori aziende mondiali di carne e latte che trasformano i prodotti degli allevamenti. I ricercatori hanno preso in esame 35 aziende che hanno sede in 16 Paesi esaminando innanzitutto le loro emissioni rispetto agli impegni assunti per contrastare i cambiamenti climatici, per poi definire come queste emissioni si posizionano rispetto agli impegni per il clima da parte dei Paesi in cui hanno sede e per ultimo le pressioni che esercitano a livello politico sui parametri relativi alle questioni climatiche.

Ne risultano approcci molto diversificati. Alcune aziende non comunicano nessun dato sulle loro emissioni, mentre altre pubblicano solo le misurazioni di alcune emissioni e non altre, ad esempio quelle energetiche e non quelle derivanti dal cambiamento nell’uso del suolo. Diverse aziende si impegnano per mitigare le emissioni di anidride carbonica, ma non dicono nulla sul metano, il gas più importante per le emissioni degli allevamenti. Solo quattro aziende si sono poste l’obiettivo zero emissioni al 2050 e solo sette Paesi dove queste aziende hanno sede, includono le produzioni animali nei loro obiettivi di riduzione delle emissioni.

Misurare in modo trasparente l’impatto delle aziende di trasformazione

Interessante poi l’analisi sulle azioni di pressione politica per evitare provvedimenti contrari ai propri interessi, effettuate dalle dieci aziende basate negli USA. Dal 2000 si calcola che abbiano investito 109 milioni di dollari in attività di lobbying e 26 milioni di dollari direttamente in campagne elettorali. I ricercatori hanno anche rilevato che le somme investite sono correlate alla intensità delle emissioni di ogni azienda. Queste azioni di pressione politica avvengono anche in altri Paesi, come Danimarca e Nuova Zelanda, dove le emissioni derivanti da attività di agricoltura ed allevamento sono considerevoli. Dunque, per avere un quadro chiaro degli impegni da prendere e delle azioni da attuare per contrastare i cambiamenti climatici, occorrerebbe misurare in modo trasparente anche l’impatto delle aziende mondiali di trasformazione.

Di chi la colpa? Guai se ritenessimo che solo gli altri debbono cambiare i loro modi produttivi o di consumo. L’impatto sul clima riguarda tutte le attività umane, nessuno escluso. Pertanto, solo attraverso il dialogo ed il consolidamento delle filiere produttive si potranno ottenere risultati durevoli, cioé sostenibili, utili per tutti. Non solo a livello ambientale, ma anche economico e sociale.

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Fonte: SpringerLink

 

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Leo Bertozzi
Informazioni su

Agronomo, esperto nella gestione delle produzioni agroalimentari di qualità e nella cultura lattiero-casearia.

Pubblicato in Ambiente, Clima, Sostenibilità