A fine gennaio Agri Mutuel pubblicava un articolo dal titolo eloquente: “Cosa c’è dietro il successo delle DOP e del prezzo del latte in Italia?” Con la fine delle quote latte la filiera produttiva italiana ha avuto un’evoluzione tale da far impallidire la Francia col fatto che per la prima volta nel 2020 il saldo della bilancia commerciale lattiero-casearia è stato a favore dell’Italia. Si sottolineava come la crescita produttiva di latte è correlata a formaggi DOP ad alto valore aggiunto che hanno avuto grande successo all’export, in primo luogo Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Gorgonzola. Malgrado i costi produttivi più elevati di quelli europei, gli allevamenti italiani hanno dimostrato di avere una valorizzazione del latte superiore ed Il grande impulso produttivo è avvenuto grazie al miglioramento genetico, l’uso intenso dei mangimi concentrati, i consistenti investimenti in mezzi tecnici e strutture.
Agri-Mutuel completa l’analisi facendo un quadro lucido su quelle che ritiene siano le debolezze del nostro sistema latte riassumibili nel poco terreno disponibile, la forte dipendenza dalle importazioni di alimenti zootecnici, un territorio pesantemente inquinato da emissioni in atmosfera e residui nel terreno. Pertanto, concludeva, la dinamicità della produzione lattiera italiana potrebbe presto o tardi scontrarsi su alcuni limiti. Infatti, nella Pianura Padana dove si concentra gran parte della produzione lattiero-casearia, la concorrenza degli altri settori economici accentua la pressione sulla terra, il cui costo è diventato proibitivo. Data la scarsa superficie disponibile, gli allevamenti italiani ricorrono in misura crescente alle importazioni di ingredienti per i mangimi, che pesano sui costi produttivi del latte, rendendoli molto esposti alla volatilità.
Riguardo alla “pressione sulla terra”, occorre tener presente il consumo di suolo agricolo che interessa particolarmente le zone più produttive di pianura. Secondo i dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), dal 2012 al 2020 sono stati consumati in Italia 37.500 ettari di suoli agricoli, con una perdita produttiva di 4,15 milioni di tonnellate di seminativi e foraggi. Nel periodo 2019-2020 sono stati consumati 5174 ettari di suolo agricolo, cioè 14,7 ettari al giorno, ovvero 2 metri quadrati al secondo. Basta guardarsi intorno per percepire questa dinamica che contrasta con la produzione agricola e che influisce poi negativamente sulla qualità delle acque, sulla biodiversità e sulle emissioni in atmosfera. La trasformazione dei suoli è uno dei dieci più gravi problemi che incidono sul cambiamento climatico.
L’analisi francese evidenziava poi come l’ evoluzione delle sensibilità verso le tematiche ambientali e norme sempre più stringenti, potessero a breve diventare il vero fattore limitante la dinamica di crescita della produzione lattiera italiana e del suo successo nel mondo.
Su questa lucida analisi si è ora abbattuta la realtà della guerra che aggrava la nostra condizione, con un grande punto interrogativo sulla sovranità alimentare. Il quadro diventa ora più chiaro…
Fonte: Agri Mutuel, ISPRA