Consumi e novità per il Grana Padano DOP [Intervista al D.G. Stefano Berni]

Stefano Berni - direttore generale del Consorzio di tutela del Grana Padano

Stefano Berni – Direttore Generale del Consorzio di tutela del Grana Padano

Nel 2022 ci sono state due fasi di crescita per i prezzi del Grana Padano. La prima fra marzo e maggio e una nuova spinta di aumento dei prezzi si sta verificando dallo scorso ottobre. Abbiamo intervistato a tutto campo il direttore generale del Consorzio di tutela del Grana Padano, Stefano Berni, partendo proprio da questa fase positiva.

Direttore, come sta andando il mercato? L’avvicinamento di prezzo al Parmigiano Reggiano che conseguenze potrebbe avere?

“Sono prudentemente ottimista, abbiamo un prezzo del Grana Padano molto soddisfacente, ma troppo vicino al Parmigiano Reggiano. Speriamo che il Parmigiano Reggiano possa riprendere il volo e crescere, così da tornare a distanziarsi rispetto al nostro formaggio, perché quando il differenziale all’ingrosso è troppo vicino si rischia di creare problemi nei consumi.

Fortunatamente, bisogna dirlo, grazie alle strategie del Consorzio i nostri consumi stanno andando benissimo, anche se per effetto dell’inflazione gli ultimi dati di ottobre ci dicono che il consumatore sta spendendo il 6% in più per acquistare in peso il 6% in meno, con un prezzo di vendita del Grana Padano che si colloca intorno al 18% in più rispetto a ottobre 2021. D’altronde, gli stipendi non sono aumentati, mentre sono cresciute le bollette e in generale il costo della vita. È logico che si riducano le quantità acquistate e si taglino gli sprechi, con l’effetto che il consumatore va più spesso a fare le spesa, acquista lo stretto necessario”.

La rivalità col Parmigiano Reggiano è un falso mito, quindi?

Il Parmigiano Reggiano è il miglior alleato del Grana Padano

“Il Parmigiano Reggiano è il miglior alleato del Grana Padano. Chi ritiene che ci sia una competizione fra i due prodotti è un cieco. La storia trentennale vede andamenti omogenei, magari sfasati di qualche settimana. Ma il trend è di immediata comprensione: se non cresce il Parmigiano Reggiano non cresce il Grana Padano. Se cala uno, poi cala l’altro. Negli ultimi anni mai si è visto che un prodotto crescesse e l’altro calasse. Oggi il Grana Padano ha un prezzo di 9,5 €/kg, che è molto soddisfacente e che è legato anche dalle ottime performance all’estero, dove siamo cresciuti del 12% nel primo quadrimestre del 2022, per continuare al +10% e oggi al +8% rispetto ai numeri dell’anno scorso. Certo che se il Parmigiano Reggiano non dovesse crescere sul mercato, potremmo anche noi subire una frenata”.

Qual è la situazione delle scorte?

“Le scorte si erano svuotate; adesso pian piano i magazzini si stanno riempiendo. Ma siamo su livelli tranquillizzanti, tenuto conto che stiamo producendo meno”.

Avete presentato quattro progetti molto articolati nell’ambito del PNRR. Che risposte avete avuto?

“Siamo in attesa e sappiamo purtroppo che l’entità dei progetti presentati è molto superiore alle risorse, ma siamo stati fra i primi a partire e riteniamo di avere le caratteristiche affinché tali progetti vengano approvati. Sono state coinvolte 60 nostre aziende associate per un disegno di sviluppo e investimenti pari a 200 milioni di euro su quattro progetti legati alla sostenibilità ambientale ed economica”.

Alcune delle vostre cooperative applicano un prezzo differenziato del latte in base alla destinazione. Come funziona il meccanismo?

“Questo è il mio sogno ed è legato alla destinazione del latte. In questa fase, col prezzo del latte alle stelle, non serve; ma in prospettiva con il latte in esubero che la cooperativa o anche l’industria casearia non può trasformare ma deve vendere, bisogna avvertire il socio che sulla sua quota storica base destinata alla produzione di Grana Padano viene distribuito il 100% del dividendo del caseificio, mentre sul latte prodotto in più e che non è possibile trasformare in Grana Padano e che deve essere venduto, se nella vendita percepisco meno, il minus valore va scaricato almeno in parte sul latte che non è trasformato in Grana Padano e che è oltre la quota assegnata al caseificio.

È giusto che gli allevatori siano coinvolti e consapevoli


È giusto che gli allevatori siano coinvolti e consapevoli che se dovessero incrementare la produzione di latte in stalla potrebbero dover fare i conti in maniera non retroattiva con un pagamento diverso delle produzioni lattiere che superano la quota destinata a Grana Padano. Il messaggio deve essere chiaro per l’allevatore: puoi comunque decidere di crescere, ma sappi che una crescita fuori dalla quota del caseificio avrà una remunerazione un po’ diversa”.

Remunerazione inferiore, par di capire.

“Sì. Ricordiamo che da almeno 25 anni la remunerazione più redditizia del latte omogeneo ottenuto con l’alimentazione a silomais è quella ottenuta dalla trasformazione in Grana Padano. Senza dubbio. Ora, in questo momento storico se vendi il latte spot prendi di più, ma al di là di questa fase il latte destinato a Grana Padano tendenzialmente vale di più rispetto all’altra parte di latte che non può andare a Grana Padano. E questo anche con una crescita media annua del 2%, che significa una quantità enorme di latte che diventa Grana Padano, parliamo quest’anno di circa 550.000 quintali di latte in più. E se prendo i dati di 5 anni fa il nostro areale trasforma 3 milioni di quintali di latte in più”.

Quanto durerà questo momento straordinario?

“Probabilmente per tutta la durata della guerra in Ucraina”.

Cibo sintetico e latte sintetico. Si è cominciato a parlarne, ma quali sono, secondo lei, i pericoli?

“I pericoli sono quelli che il cibo sintetico o il latte sintetico vadano a sostituire una parte o molta parte dei prodotti tradizionali storici, dal latte ai formaggi, oltre ad altri prodotti animali. E l’obiettivo per chi sta finanziando sottotraccia tali operazioni è proprio quello di appropriarsi del new business. Il cibo ha sostituito la new economy, perché con una popolazione mondiale in aumento e col rallentamento del business legati a internet e alle nuove tecnologie, il cibo sintetico offre grandi opportunità di guadagno. Le grandi finanze possono però sostituire i cibi tradizionali? Assolutamente no, per cui inventano il cibo nuovo, con la scusa di eliminare i rischi di maltrattamenti di animali e i rischi di natura sanitaria, per lisciare il pelo a catastrofisti e vegani. Bisogna dirlo, perché questo è il disegno che ci sta sotto e la scelta dell’Unione europea di finanziare ricerche in tal senso, non è tollerabile. Non dimentichiamo che il cibo sintetico è estremamente dannoso, perché massacra il microbiota e il macrobiota dell’organismo, per non parlare dei rischi ambientali derivanti dalla produzione del cibo in laboratorio”.

Sottolineare i rischi del cibo sintetico come pericolo imminente non potrebbe spingere gli allevatori, specialmente se avanti con l’età, a chiudere l’azienda, demoralizzati?

“No. La sostituzione del cibo sintetico ha processi temporali molto più lunghi rispetto alla decisione di allevamenti marginali, che magari già pensano di chiudere. Il rischio di sostituzione corposa del cibo naturale con il cibo sintetico non è immediato, in prospettiva ritengo ci vorrà qualche anno. Semmai, i maggiori pericoli potrebbero riguardare gli imprenditori più dinamici e portarli a ripensare gli investimenti.

Ma sono convinto che se condurremo una battaglia in difesa della cultura e della tradizione non vi sarà spazio per un cibo che esce da un bioreattore, sostenuto da fabbriche di cibo sintetico a loro volta collegate alle fabbriche farmaceutiche, le quali sono poi chiamate a curare i rischi che l’assunzione di cibi sintetici comportano relativamente al danneggiamento del microbiota e del macrobiota. L’aspetto più inquietante è che sono stati investiti miliardi perché non se ne parli e sono processi di ricerca che hanno preso piedi quando la New Economy ha rallentato la propria crescita a due cifre. Sono andati a investire sul cibo sintetico”.

È in corso a livello europeo la riforma delle Dop. Qual è la vostra posizione?

Per il futuro delle DOP servono semplificazione e cambi di rotta


“È una riforma che dobbiamo assolutamente cercare di guidare, perché per il futuro servono semplificazione e cambi di rotta. Dovremmo essere riusciti a bloccare lo spostamento delle Indicazioni Geografiche sotto la EUIPO, l’ente che regola i marchi industriali. Ma le Dop non sono un marchio industriale, vogliamo essere governati dalla Commissione Agricoltura della Ue. Inoltre, abbiamo bisogno di conferme sugli strumenti di tutela e sul contrasto alle cosiddette evocazioni. Allo stesso tempo, chiediamo strumenti di semplificazione delle procedure. Non è più ammissibile, con i tempi del mondo attuale, che per modificare il disciplinare di una Dop occorrano più di due anni; abbiamo bisogno di risposte più rapide e più certe. Riteniamo che la riforma vada nella direzione giusta e la stiamo monitorando grazie al nostro riferimento al Parlamento europeo a Bruxelles, Paolo De Castro”.

Nell’ambito del disciplinare del Grana Padano, quali saranno le prossime modifiche?

“Già nell’assemblea del prossimo 16 dicembre* avanzeremo alcune proposte di modifica, che rispondono maggiormente alle spinte verso la sostenibilità. All’assemblea proporremo di votare una tolleranza sull’obbligo del ritiro del latte nell’ambito delle 24 ore, per dare risposte alle stalle che hanno adottato i robot di mungitura. Presenteremo anche il vincolo che le manze siano nate e allevate nella zona della nostra Dop, per radicare ancora di più il legame col territorio. Inoltre, stiamo discutendo della nuova metodologia di alimentazione, governata dall’Albo dei mangimisti e realizzata con lo spirito di collaborazione totale. E ancora, puntiamo a togliere il fumo della marchiatura a fuoco, che stiamo facendo elettricamente. Stiamo pensando a un sistema di imprinting in fascera del marchio, salvo poi andarlo a fresare in caso di non idoneità”.

 

* L’intervista è stata rilasciata pochi giorni prima del 16 Dicembre

Stefano Berni - Direttore Generale del Consorzio di tutela del Grana Padano

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Matteo Bernardelli
Informazioni su

Giornalista. Ha scritto saggi di storia, comunicazione ed economia, i libri “A come… Agricoltura” e “L’alfabeto di Mantova”.

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Pubblicato in DOP / IGP, Formaggio, Grana Padano