Essere Cooperativa: il modello Lattebusche tra sostenibilità e nuovi prodotti [Intervista al D.G. Bortoli]

Francesco Bortoli - Direttore Generale Lattebusche

Francesco Bortoli – Direttore Generale Lattebusche

Quello di Francesco Bortoli, direttore generale della cooperativa Lattebusche, è il passo del montanaro: cadenzato, costante, infaticabile. Può sembrare poco sprint per chi non se ne intende, invece è un errore, e la cooperativa – che dal Cadore si è estesa conquistando sempre più spazi – lo dimostra. Lo sguardo proiettato avanti e un filone che fra i primi in Italia hanno saputo individuare e che oggi cavalcano con padronanza e visione: la sostenibilità. Dalle vette l’orizzonte è molto più ampio e dalle Dolomiti Bellunesi il panorama è decisamente molto green. Nell’intervista che il DG di Lattebusche rilascia a Clal.it, partiamo però dal Covid, l’intruso inaspettato del 2020, che ha sovvertito ogni piano, ogni logica, ogni prospettiva.

Direttore Bortoli, come è andata la fase di lockdown?

“È stata una fase straordinaria, da intendersi nel vero senso della parola, cioè fuori dall’ordinario. Questo in positivo, perché sono cresciute in maniere importante le vendite nella grande distribuzione e nei negozi tradizionali. Ma è stata anche una fase per altri aspetti, purtroppo molti se pensiamo alle vittime, negativa”.

Per quali motivi, limitandoci al vostro caso?

Fatturato Lattebusche110 Milioni di Euro


“Uno di natura commerciale: si è fermato il canale horeca e i nostri punti vendita, che hanno un fatturato importante, sono stati azzerati. E sono luoghi che, oltre ai prodotti lattiero caseari, offrono un’area bar, quindi con perdite significative, intorno al 10% del fatturato del gruppo, che oggi ha raggiunto i 110 milioni di euro”.

Quanto punti vendita avete?

“Ne abbiamo 13. Quelli più piccoli, legati ai vecchi spacci tradizionali, sono diventati veri e propri negozi di paese, che hanno accresciuto il fatturato come è avvenuto durante il confinamento per tutti i negozi del normal trade. Altri punti vendita, invece, che solitamente fruiscono in positivo del transito turistico, perché posizionati sulle rotte di montagna, hanno avuto una flessione del 70-80 per cento”.

Come avete gestito operativamente il distanziamento sociale imposto dalle nuove norme anti-Covid?

“Ci siamo attivati per la separazione dei reparti, il distanziamento degli operatori nella catena di produzione e nella logistica. Chi ha potuto ha lavorato a distanza. Non abbiamo rallentato i ritmi produttivi, così come la movimentazione nei punti vendita. Spesso abbiamo vissuto l’impossibilità di cedere il siero di lavorazione del latte. Ci siamo mossi comunque con grande responsabilità, facendo investimenti adeguati. Con le nuove disposizioni siamo sempre stati in grado di ritirare il latte dei nostri soci e di lavorarlo”.

Il personale degli uffici continuerà a lavorare da remoto o tornerete alla normalità?

“Abbiamo capito che molte cose si possono fare a distanza e che il collegamento con i vari stabilimenti può compiersi correttamente anche da remoto. Valuteremo di volta in volta, ma di certo abbiamo capito che alcune operazioni possono essere svolte in call”.

Lattebusche è nota per essere una realtà molto dinamica. State lanciando nuovi prodotti?

“In provincia di Belluno abbiamo presentato il nuovo contenitore della Tetrapak, ottenuto interamente da fonti rinnovabili e materiali riciclabili. Lo abbiamo scelto per leggerezza e qualità, ed è l’involucro per il latte fresco alta qualità e il latte fresco alta leggerezza, al quale abbiamo tolto parte del grasso. Questi si aggiungono ad un prodotto lanciato lo scorso anno, che sta avendo un successo oltre le previsioni”.

Il latte biologico di montagna?

“Esattamente. Latte biologico che proviene interamente da un distretto particolare: il territorio montano da Cortina a Sappada, omogeneo, con stalle ad una certa altitudine, animali alimentati prevalentemente a fieno e con razioni che conferiscono un sapore unico al latte, immediatamente distinguibile. Le vendite continuano ad aumentare, con ritmi intorno al 30%; non ci aspettavamo una crescita del genere, che per una nicchia è elevata, con un fatturato che ha superato il milione di euro”.

Quanto pagate in più il latte agli allevatori?

“Circa il 40% in più rispetto al convenzionale, ma solo così diamo un futuro alle stalle. Non molti lo sanno fra i non addetti ai lavori, ma la sopravvivenza di un allevamento, soprattutto in montagna, significa presidio del territorio, cura dell’ambiente e prevenzione del dissesto idrogeologico. Lattebusche ha creduto nel distretto al punto che abbiamo sostenuto le aziende nel loro percorso di certificazione biologica e abbiamo assorbito anche una piccola latteria a Padola, in territorio dolomitico, situata oltre i 1.000 metri di altitudine, nella quale lavoriamo solo prodotti bio. Si è rivelata un’azione strategica per il territorio”.

Quale canale di vendita utilizzate per i prodotti bio?

“Abbiamo debuttato nei nostri punti vendita, per poi estendere le vendite nella catena della GDO e nei negozi tradizionali. Una spinta multi-canale che si è rivelata vincente e che riteniamo possa avere nel futuro ancora maggiori spazi, tenuto conto delle linee europee del Green New Deal”.

Dove state investendo?

Lattebusche è cresciuta puntando su qualità, innovazione e sostenibilità


“Stiamo investendo in più direzioni. Siamo cresciuti puntando sulla qualità e l’innovazione di prodotto. Recentemente siamo usciti sul mercato con nuovi contenitori sostenibili. Il mese prossimo debutteremo sul mercato con il latte di capra e, poco dopo, dovremmo uscire con un nuovo prodotto: il latte senza lattosio. Inoltre, lo scorso anno abbiamo ultimato il nuovo stabilimento per la produzione di formaggio Asiago e di altri formaggi, ma non ci fermiamo nel percorso di ristrutturazione, con operazioni di miglioramento dei processi produttivi e della logistica interna”.

Nel settore siete presi ad esempio per l’attenzione alla sostenibilità.

Essere una cooperativa significa essere una comunità che si sostiene e si migliora

“Ci abbiamo sempre creduto. Siamo stati i primi in Italia a ottenere la certificazione ISO 14000 per l’impatto ambientale e la diminuzione delle emissioni nel bacino del fiume Piave. La cooperativa ha investito sull’energia pulita, con pannelli solari e co-generatori di energia, così da ridurre i consumi in maniera significativa. L’azienda così è cresciuta in termini di fatturato, di solidità e di immagine, perché ha anticipato la sensibilità della società. Siamo inoltre molto vicini alla nostra comunità con iniziative di carattere sociale, artistiche, culturali, sportive. D’altronde, essere una cooperativa significa essere innanzitutto una comunità che si sostiene e si migliora”.

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Matteo Bernardelli
Informazioni su

Giornalista. Ha scritto saggi di storia, comunicazione ed economia, i libri “A come… Agricoltura” e “L’alfabeto di Mantova”.

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