Francesca, dall’Università all’Allevamento di Capre [Intervista]

Francesca Borrini - allevatrice allevamento "L'Alba"

Francesca Borrini – allevatrice allevamento “L’Alba”

Francesca Borrini
San Michele in Bosco, Mantova – ITALIA

Quella di Francesca Borrini, giovane allevatrice di San Michele in bosco (Mantova), nel cuore della più piatta Pianura Padana ai bordi dell’asse che porta da Mantova a Cremona, è una scelta inusuale, ma ben motivata.

Non è da tutti, infatti, decidere di allevare capre dopo una laurea in Scienze delle produzioni animali, soprattutto se non sei nato in montagna. Eppure, è stato amore a prima vista con una tipologia di animali che aveva qualche affinità con papà Cesarino, che allevava all’epoca bovine per a produzione di latte.

Ed è così che Francesca Borrini, nel 2004 ha deciso di intraprendere l’attività di allevatrice. Un percorso compiuto a piccoli ma costanti passi, grazie all’aiuto dei familiari e a una passione che ha portato a scelte coraggiose e premiate. L’Alba è il nome dell’allevamento, una parola dai molteplici significati.

Oggi Francesca alleva 310 capre di razza Saanen, delle quali 230 in lattazione. “Ogni capra produce mediamente 950 litri per ogni lattazione – spiega -. Di questo, il 70% lo lavoriamo direttamente nel caseificio che abbiamo costruito in azienda. Il restante 30% lo vendiamo a caseifici esterni industriali”.

Rispetto alle bovine da latte, già la questione del prezzo della materia prima ha dinamiche diverse.

“Il prezzo del latte di capra è diviso in due periodi nel corso dell’anno – spiega Francesca Borrini -. Da febbraio ad agosto è definito stagionale, costa meno, mentre il resto dei mesi è destagionalizzato, costa di più perché difficile reperirlo”.

Le cifre, puramente indicative, oscillano  fra i 65-70 centesimi al litro + Iva in stagione, per salire a circa 1 euro quando è destagionalizzato. Alcuni acquirenti prevedono un premio sulla qualità, che spesso si riconduce ai seguenti parametri: carica batterica inferiore ai 100.000 Usc per ml, grasso e proteine superiore ai 3,30%, mentre, rispetto al latte bovino, non è previsto il valore soglia nelle cellule somatiche.

Che cosa produce nel caseificio aziendale?

“Yogurt, ricotte, stracchini, caciotte, latte in bottiglie pastorizzato, formaggi erborinati, mozzarella. Nel nostro spaccio aziendale c’è anche la carne di capretto da latte a Pasqua e a Natale”.

Che cosa cerca il consumatore?

La qualità, la genuinità, il km 0 e il contatto con il produttore. Si informano, cercano prodotti garantiti e un dialogo con chi ci mette la faccia”.

Come mai hai scelto le capre?

“Le avevo viste mentre studiavo all’Università. Sono ruminanti come i bovini e mio papà aveva esperienza con i bovini. Però, rispetto alle vacche, sono animali più piccoli e per una ragazza che doveva gestirli è più semplice”.

In quanti lavorate in azienda?

“Siamo in sei, compresa io e i miei genitori”.

In un territorio che produce latte e formaggi vaccini di qualità, come si comunica il suo settore?

“Inizialmente è stato complicato. Quando abbiamo iniziato nel 2004, Mantova era unicamente terra di maiali e di vacche da latte, a livello di zootecnia. Non c’era di fatto altro. La svolta è avvenuta grazie alla televisione, che in alcune trasmissioni ha messo in luce alcuni aspetti legati alle intolleranze. Alcune persone erano intolleranti al latte vaccino. Latte e formaggi caprini sono così entrati a far parte dei consumi alimentari di molte persone. Oggi siamo ancora in pochi ad allevare capre in provincia di Mantova”.

Da chi ha imparato a fare i formaggi?

“All’epoca c’era il Sata, il Servizio di assistenza tecnica agli allevatori, gestito dall’Associazione mantovana allevatori, e ho frequentato un corso su normative, caseificazione, igiene. Mi hanno aiutato molto, grazie a una specializzazione elevata e ad una grande professionalità, unita alla disponibilità. È capitato infatti che venissero in azienda a fare sopralluoghi o che, soprattutto all’inizio, i tecnici mi aiutassero con consulenze anche telefoniche”.

Come vede il futuro?

“Sono ottimista. Non credo che ci sia crisi nel mio settore. Poi è vero che non c’è mai sicurezza sul prezzo del latte o la garanzia che ritirino il latte. Siamo sempre stati molto in altalena. Adesso però che siamo entrati nel biologico è un po’ più stabile”.

Allevamento "L'Alba"

Allevamento “L’Alba”

Come mai la scelta del biologico?

“Per dare una sorta di marchio certificativo per chi non ci conosce e per dare una impronta specifica all’azienda. Inoltre, l’ingresso nel mondo del biologico che ha permesso di accedere ai negozi specializzati, che trattano solo prodotto biologico e, in questo modo, siamo riusciti ad allargare il ventaglio delle vendite”.

Con il passaggio al biologico avete avuto cali di produzione?

“No. Nessun calo di produzione né in termini di latte prodotto né per gli aspetti legati alla produzione di foraggi in campo. Nessun impatto negativo nemmeno sul fronte della salute e del benessere degli animali. Le capre sono di razza Saanen, rustiche e per nulla inclini ad ammalarsi”.

Quanti ettari coltivate?

“Circa 15 ettari, coltivati ad erba medica, frumento da foraggio, loietto. Eventuali integrazioni di mangime biologico le acquistiamo dalla Comazoo di Montichiari”.

Investimenti in programma?

“Sì, ma non lo dico per scaramanzia”.

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Matteo Bernardelli
Informazioni su

Giornalista. Ha scritto saggi di storia, comunicazione ed economia, i libri “A come… Agricoltura” e “L’alfabeto di Mantova”.

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Pubblicato in Latte