Di Pedro E. Piñate B., Medico Veterinario venezuelano e Consulente Agricolo
Prima di descrivere la situazione odierna del settore agricolo in Venezuela, inizio ricordando che questa era la cosiddetta “Terra di grazia” che Cristoforo Colombo scoprì nel 1492 e che Humboldt, il grande geografo tedesco, nel 1799 descrisse come: “un Paese la cui ricchezza naturale racchiude tutte le meraviglie che esistono sulla terra”.
Il Venezuela si estende su una superficie di 916.445 km2 nella parte settentrionale del continente sud americano affacciata sul mar dei Caraibi. Ha un clima tropicale e solo due stagioni, piovosa e secca, definite inverno ed estate, ognuna di sei mesi. I suoi vasti pascoli si estendono dai piedi delle Ande, nella parte occidentale, oltre il fiume Apure fino al fiume Meta a sud ed al grande Orinico col suo vasto delta nella parte orientale sull’Atlantico. Questa vasta estensione di pianura rappresenta l’ambiente ideale per i grandi allevamenti estensivi da carne.
Il petrolio e gli agricoltori immigrati
Nel 1922, la prima perforazione di un pozzo di petrolio diede inizio all’industria petrolifera. Di conseguenza, agricoltura ed allevamento passarono in secondo piano, mentre il petrolio divenne il vero riferimento per l’economia del Paese. Durante la seconda guerra mondiale e negli anni successivi, il Venezuela accolse schiere di immigranti dall’Europa, fra i quali molti agricoltori italiani, spagnoli, portoghesi e di altri Paesi. Vari programmi ufficiali permisero di realizzare specifici insediamenti agricoli di immigrati (Colonias agrìcolas) ed oggi molti degli attuali produttori venezuelani ne rappresentano la seconda e terza generazione, ereditando quella vocazione agricola.
Uno sviluppo eccezionale
Col passar del tempo, lo sviluppo dell’industria petrolifera e mineraria permisero un eccezionale sviluppo del Paese. Agricoltura ed allevamento crebbero negli anni ‘60 e fino intorno al 1980 per poi scontrarsi con le difficoltà degli anni ‘90 conseguenti alla globalizzazione ed alle politiche di importazioni sovvenzionate.
La globalizzazione ed il regime
Ben presto il Paese cadde nel cosiddetto ‘male olandese’: il forte incremento nel reddito derivante dalle risorse naturali portò all’apprezzamento del tasso di cambio rendendo il settore produttivo e manifatturiero molto meno competitivo. Poi nel 1998, dopo 40 anni di democrazia, grazie alle promesse rivoluzionarie di un paese ed un governo migliori, giunse al potere un regime comunista di tipo castrista, soggiogandolo e saccheggiandolo. Come risultato, si ottenne una disfatta totale, politica, economica e sociale in questi primi due decenni del XXI secolo. La situazione di fame e miseria ha portato ad una crisi umanitaria resa evidente dai 6 milioni di venezuelani che hanno emigrato ed all’isolamento degli altri 24 milioni che vivono nel paese.
Covid-19 e controllo
La pandemia Covid-19 è diventata poi la scusa al regime per accentuare i controlli e restringere gli spostamenti dei cittadini. La catastrofe economica conseguenza della dilapidazione e del saccheggio delle aziende pubbliche e delle entrate minerarie include il mancato introito di 1,5 miliardi di dollari da fonti petrolifere e minerarie, senza che nessuno li consideri.
Il debito estero ammonta ad oltre 150 miliardi di dollari. Crollano i servizi pubblici abbandonati, privi di manutenzione ed investimenti, lasciando le città senza rifornimenti idrici, acqua, gas, senza più curare reti fognarie, posta, trasporti pubblici, etc. Anche i carburanti scarseggiano, a causa del disastro nell’industria petrolifera pubblica PDVSA. La fuga precipitosa all’estero dei capitali privati è senza ritorno finché non saranno ristabilite libertà, democrazie e stato di diritto.
Oggi la produzione alimentare copre appena il 20% del fabbisogno
Il crollo nella produzione agroalimentare è la conseguenza degli espropri e sequestri su sei milioni di ettari di terre private, che hanno interessato anche imprese della trasformazione e del commercio. La conseguenza è il crollo della produzione alimentare che copre appena il 20% dei bisogni. La enorme povertà attanaglia il 95% della popolazione; la superinflazione, la più alta al mondo, che supera il 6.500% e la svalutazione inarrestabile, negano di fatto l’accesso al cibo.
Il nuovo anno 2021 per l’agricoltore venezuelano comincia laddove terminò il 2020: senza combustibili, senza credito, senza investimenti, senza politiche di sviluppo agricolo. La produzione agricola è regredita a livelli anteriori a quelli degli anni ‘60 e le prospettive attuali sono del tutto incerte.
Ho assistito alla decadenza del Venezuela, ma mantengo la speranza di un suo riscatto
Di questo destino noi venezuelani non ci diamo per vinti. Confidiamo che il futuro ci porti un paese migliore e, riguardo l’agricoltura che rappresenta le fondamenta della sicurezza alimentare, non esiste dubbio alcuno sulla sua rinascita. Questo, certamente unito con i valori di libertà, democrazia, stato di diritto, che torneranno in questa Tierra de Gracia, il Venezuela, insieme agli investimenti ed agli investitori nazionali e internazionali.
Articolo raccolto e tradotto da Leo Bertozzi.