Il futuro del cibo secondo Nestlé

La simpatia per i consumi di tipo vegetariano, e comunque una certa diffidenza verso tutto quanto è animale, insieme alle preoccupazioni per l’impatto sull’ambiente dei consumi alimentari, sono delle sensibilità che stanno emergendo un po’ ovunque e che comportano una notevole complessità per le scelte strategiche delle imprese, ma che nel contempo lasciano prevedere anche delle nuove opportunità. Più che la conversione verso diete vegetariane o vegane, ciò che cresce è la tendenza al consumo intermittente di prodotti o regimi alimentari ritenuti salutistici, etici, rispettosi dell’ambiente, con scelte pregiudiziali, come il “senza”, che sia lattosio, zucchero, olio di palma o quant’altro, senza poi conoscere nel dettaglio origine, composizione, effetti, delle alternative.

I social media attraverso i bloggers e gli influencers, determinano una nuova architettura nella comunicazione ed il prodotto deve essere exciting, cioè emotivamente stimolante per divenire attraente. Parole d’ordine diventano innovazione e varietà. Le bevande alternative al latte od i prodotti che imitano la carne come aspetto, struttura, sapore, spesso ottenuti da nuove imprese start-up, ne sono la dimostrazione, così come lo sono le nuove combinazioni di ingredienti che portano a nuove categorie di prodotto. In tale ambito, la tecnologia diventa un fattore determinante.

All’innovazione di prodotto e di processo si accompagna poi la ricerca di nuovi imballaggi che superino i materiali plastici, l’adozione di processi produttivi che riducano l’impatto energetico e le emissioni. Siamo nel tempo delle nuove ideologie che si esprimono attraverso gli stili dei consumi, che comportano nuove dinamiche produttive, come descrive il responsabile tecnico di Nestlé, Stefan Palzer, riguardo al futuro del cibo.  Non per nulla le maggiori imprese investono nei food incubator e nei food accelerator, come nuove fucine dell’innovazione, dinamiche che debbono però combinarsi a solide basi tecniche e scientifiche per assicurare i benefici sulla salute derivanti dall’alimentazione ed evitare l’insorgere di nuove carenze, quali la deficienza di ferro e vitamina B12 nei vegani.

Questa spinta per l’innovazione sembra contrapporsi alla tradizione. Costituisce dunque un elemento in più per fare evolvere anche la tradizione, dato che l’alimento per sua natura è un bene mutevole, necessario per rispondere alle esigenze di un corpo ed una mente che si adattano continuamente al contesto in cui vivono.  

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Fonte: Food Navigator

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Leo Bertozzi
Informazioni su

Agronomo, esperto nella gestione delle produzioni agroalimentari di qualità e nella cultura lattiero-casearia.

Pubblicato in Consumatore, Innovazione