“Non basta lavorare sulla qualità e partecipare alle fiere, bisogna essere social, lavorare quotidianamente, trasmettere il valore del prodotto, l’autenticità dei nostri formaggi, la storia delle nostre grandi famiglie di produttori, che non sono multinazionali come all’estero e che si tramandano l’artigianalità di ricette antiche e sanno guardare al futuro. Dobbiamo lavorare per esportare di più, perché il 2020 era partito benissimo e bisogna impegnarsi per recuperare”.
La summa del pensiero di Fabio Leonardi, Amministratore Delegato di Igor, vicepresidente del Consorzio del Gorgonzola e Consigliere Delegato all’Internazionalizzazione in Assolatte, sta tutta qui. Non c’è timore verso le nuove tecnologie, a partire dai social network e da tutte le modalità che permettono di stringere un patto di fiducia con il consumatore. “È finito il tempo della pubblicità sui giornali, perché costano molto e sono meteore, durano lo spazio di un mattino. Molto meglio essere social, dia retta a me”.
Un invito accorato, figlio peraltro di un premio – il riconoscimento “Digital Star” assegnato dall’Istituto tedesco di Qualità e Finanza e da Affari & Finanza – che certifica gli sforzi di Igor nella direzione di una comunicazione digitale, social, immediata e democratica.
Una precisazione: quando Leonardi parla di formaggi e non di Gorgonzola non sta commettendo un errore, ma parla al plurale perché “il gioco di squadra è fondamentale, non è più possibile muoversi senza un coordinamento. Per questo come Assolatte ci stiamo muovendo in modo da riportare in alto il settore lattiero caseario”.
Leonardi, partiamo dall’inizio. Come sono andati i consumi in queste settimane di lockdown?
“Il 9 marzo si è fermata tutta la ristorazione italiana. Nelle prime settimane abbiamo registrato un boom di vendite nei supermercati e nei discount, anche se il Gorgonzola non rientra nei prodotti a lunga scadenza. Per le prime tre settimane è andata bene, per chi logicamente era presente nella GDO. Perché le aziende che erano molto sbilanciate sul canale horeca e sul normal trade hanno patito le pene dell’inferno: fra marzo e aprile hanno perso il 30% di vendite nella sola ristorazione”.
Come siete corsi ai ripari per non far sprofondare il prezzo del Gorgonzola?
Produzioni di Gorgonzola-13,8% Maggio 2020
“Abbiamo deciso tutti di ridurre le produzioni nell’ordine del -17% ad aprile e del -13% a maggio. Parliamo di una produzione di circa 120.000 forme in meno. È stato tutt’altro che semplice, perché per ridurre i volumi abbiamo dovuto vendere il latte. O meglio, svenderlo, cosicché tutti i produttori di Gorgonzola hanno perso soldi. Poi si è andata ad aggiungere una nuova complicazione”.
Cioè?
“La fase di lockdown che si è estesa a molti paesi dell’Europa, al Nord America, alla Corea del Sud, con la Cina comunque in difficoltà. All’estero i formaggi DOP italiani sono venduti prevalentemente attraverso l’horeca, con eccezione di quattro tipologie di prodotti DOP che sono presenti anche nella GDO: Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Gorgonzola e Mozzarella di bufala campana. Per cui a marzo abbiamo compensato il boom che si è verificato fra gennaio e febbraio, mentre aprile è stato un disastro sul fronte delle vendite all’estero”.
Per fortuna avete ridotto i volumi.
“Sì, le minori produzioni hanno evitato che si inflazionasse il prodotto e crollasse il prezzo del Gorgonzola. Comunque, dal 25-26 maggio le vendite in Europa stanno riprendendo e adesso abbiamo molti ordini, il mercato è ripartito forte, ma chiaramente bisognerà vedere se i consumi seguiranno nel tempo questa grande fiammata nelle richieste”.
Qual è la sua valutazione?
“Indubbiamente la ristorazione non avrà più i consumi pre-Covid. Almeno in queste prime fasi. Siamo sull’attenti, perché come Igor Gorgonzola esportiamo circa il 53-54% delle produzioni e all’estero, come le dicevo, l’horeca è importante più che in Italia.
Per l’export avete organizzato un gruppo?
“Dobbiamo evitare gli errori del passato, quando ognuno andava per sé. Con ICE Agenzia stiamo esercitando una forte pressione per fare tavoli congiunti, in modo da rendere più efficienti le promozioni. L’anno scorso ci siamo mossi con una forte spinta in Canada e Giappone su tutta la famiglia delle DOP. Calcoli che nel 2018 l’export di tutti i formaggi italiani sono cresciuti dell’1% e nel 2019 sono aumentati del 6,9 per cento. A gennaio e febbraio di quest’anno il trend era positivo, addirittura con un +11 per cento. Questo significa che siamo molto dinamici. La burrata, ad esempio, in Germania ha avuto boom incredibile. Ma bisogna dire che è il successo della DOP che fa da traino agli altri formaggi. Di conseguenza, i Buyer son orientati a considerare tutti i prodotti italiani nel loro complesso, ma questo avviene grazie alle DOP. I dati del 2020 non saranno positivi, ma dobbiamo recuperare”.
Come recuperare?
“Con l’export. Mancheranno le fiere, è vero, ma le nostre eccellenze sono già conosciute nel mondo e sono già sugli scaffali. Noi dobbiamo ottimizzare gli investimenti dell’ICE, tornando ad investire in maniera massiccia in Europa. Non dimentichiamo che l’80% viene venduto in Europa. È da qui che ripartono i grandi volumi e le risorse ci sono, perché non sono state impiegate per i Buyer in questi mesi di lockdown. Dobbiamo agire con promozioni, social, campagne di comunicazione digitale, coinvolgere gli influencer ed essere presenti tutto l’anno. Inoltre, dobbiamo andare sui siti di cucina e dedicati all’agroalimentare con i nostri prodotti. Ho scoperto che in Francia, che per noi è il secondo mercato per l’esportazione dietro alla Germania, abbiamo trovato siti come Marmiton.org che pubblicizzavano 150 ricette col gorgonzola. Altri quattro siti con più di 100 ricette. Se le pubblicano vuol dire che i consumatori le vogliono e le scaricano. Dobbiamo conquistare l’export tutti insieme, con l’appoggio del Sistema Paese”.
La ristorazione è sempre una linea vincente?
Dobbiamo essere un’orchestra
“Certo. Giovanni Rana ha lanciato un prodotto nuovo col gorgonzola, perché è un prodotto che vende. In Francia è stata lanciata una pizza al gorgonzola e stiamo in generale fornendo molte industrie che hanno scelto il Gorgonzola come materia prima. Significa che piace e che, se vogliamo vendere di più e fare massa all’estero, dobbiamo adottare strategie di penetrazione che siano studiate. Non possiamo improvvisare e suonare in ordine sparso. Dobbiamo essere un’orchestra”.
Quali aspetti è utile comunicare?
“Dobbiamo comunicare attraverso ricette e far conoscere il nostro modello produttivo, le nostre storie di aziende familiari che hanno tradizione e storia alle spalle, dobbiamo raccontare che sappiamo produrre qualità e che lo facciamo tenendo presente la sostenibilità. In Canada molti consumatori non sanno che cos’è un formaggio DOP, se ci limitiamo a essere presenti solo con il marchio DOP siamo fuori strada. Molto meglio raccontare chi siamo, da dove viene il nostro latte, come alleviamo, come produciamo, qual è l’ambiente e il paesaggio che ci circondano, quali sono i nostri piani di sostenibilità energetica, ambientale, sociale, produttiva”.
Siete una “Digital Star” per il rapporto digitale e social con i consumatori. Come pensa si svilupperà il digitale e quali possono essere i vantaggi per un’industria?
“Essere digitali permette di avere un contatto e un’interazione costante e diretta con i consumatori. È possibile fare educational, raccontare l’azienda e il prodotto, ma anche le stalle, la filiera, il benessere animale, la sostenibilità. Con Assolatte puntiamo molto sui social e cerchiamo di sostenere tutti i formaggi”.
Come giudica l’attuale prezzo di mercato e quali prospettive vede per il 2020?
“Non ha avuto cali. Il bollettino è stabile e credo che per il 2020 staremo su questi livelli. Dovremo cercare di recuperare, lavorando sulla qualità. E comunicarla senza sosta. Le faccio un esempio: la Francia è il secondo mercato per esportazione di Gorgonzola dopo l’Italia e sono 10 anni che Oltralpe tutta la famiglia dei formaggi italiani cresce quasi del 10%, anche con nuovi prodotti, come ad esempio il Gorgonzola al cucchiaio. Ma perché è un prodotto apprezzato? Perché è artigianale, perché siamo dei maestri assoluti, abbiamo aziende familiari e non multinazionali, non siamo standardizzabili e abbiamo nella qualità e nella flessibilità due armi inarrivabili”.
Cosa può frenare l’export all’estero?
“A parte le difficoltà legate al Covid-19, che speriamo di superare, siamo penalizzati dall’embargo russo, che è una pazzia. Inoltre, io non sono d’accordo con chi dice che i dazi di Trump del 25% non hanno avuto grande impatto e che sono sostenibili. Non è affatto così! Per noi significa una presenza sul mercato statunitense con troppa differenza col prodotto domestico, tanto che non riusciamo a sfondare su quantità”.