CETA e TTIP: i due nomi per un libero mercato col Nord America

La Commissione Europea ha pubblicato i documenti relativi all’accordo CETA (Comprehensive Trade and Economic Agreement) di libero scambio col Canada ed alla situazione dei negoziati in corso con gli Stati Uniti sul TTIP (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti).

Nell’accordo concluso col Canada, la Commissione Europea ha realizzato l’impresa di avere il riconoscimento sul principio della protezione delle Indicazioni Geografiche (IG), che nella UE comprendono DOP (tutte le fasi di produzione – ottenimento della materia prima, elaborazione, maturazione – hanno luogo all’interno dell’area geografica), IGP (anche una sola delle fasi di produzione deve avvenire all’interno dell’area geografica) e STG (prodotti che debbono seguire una ricetta tradizionale, senza dover essere ottenuti in un’area definita). Attualmente sono 3 le IG canadesi, tutte prodotte in Québec: Agneau de Charlevoix, Cidre de glace du Québec, Vin de glace du Québec.

Il problema è invece arduo con gli USA, che non riconoscono il sistema europeo di tutela delle denominazioni. Anzi, in questo paese esiste un Consortium for Common Food Names che si oppone alla tutela della IG, sostenedo, al contrario, come esista una tradizione nell’uso di nomi che ora sono generici; fra questi Asiago, Feta, Parmesan, Munster, tutte denominazioni che nella UE sono protette come DOP. I documenti pubblicati dalla Commissione manifestano uno sforzo per accrescere la trasparenza del sistema europeo. Fra questi, un testo specifico chiarisce ruolo e natura della protezione per le Indicazioni Geografiche, argomento sensibile e contrastato, che specifica come il sistema statunitense dei marchi di certificazione non dà sufficienti garanzie ai consumatori in merito alla vera origine dei prodotti. Vista l’importanza del negoziato TTIP che riguarda una serie di norme che possono avere un grande impatto sulla produzione e trasformazione dei prodotti europei, diventa importante che il riconoscimento delle IG non venga sacrificato per altri, maggiori interessi.

Diventa dunque cruciale la posizione dell’Italia, che dovrà essere univoca per sostenere con forza il riconoscimento di DOP ed IGP da parte degli Stati Uniti. Questo se non si vuole perdere il fattore di competitività a livello internazionale offerto dai prodotti di qualità rispetto alle generiche commodity.

I campanelli d’allarme non mancano, anche nella UE. Ad esempio, il ministro tedesco all’agricoltura Schmidt ha messo in dubbio l’interesse di tener duro sulle Indicazioni Geografiche, quando altre, maggiori opportunità, sarebbero offerte dal libero accesso al mercato USA.

La partita è appena iniziata

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Leo Bertozzi
Informazioni su

Agronomo, esperto nella gestione delle produzioni agroalimentari di qualità e nella cultura lattiero-casearia.

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