Fine delle quote latte UE e situazione in Nuova Zelanda e Nord America

In Nuova Zelanda non esiste un sistema per contenere la produzione ed il vero fattore limitante è l’andamento stagionale. Forte di una produzione pari a 20,7 milioni di tonnellate di latte e 12 mila allevatori con 4,9 milioni di vacche, il paese dell’Oceania esporta il 90% del proprio quantitativo lattiero-caseario. Dunque, la competitività si basa sul prezzo e la produzione deve rispondere ai bisogni dei mercati importatori. In caso di siccità, fenomeno piuttosto ricorrente, gli allevatori debbono ridurre il numero di capi allevati per ridurre gli acquisti di alimenti dall’esterno. Una certa limitazione, ma indiretta, della produzione esiste per i fornitori di Fonterra, dato che lo statuto della cooperativa prevede che i conferenti debbano avere delle quote societarie che coprano la media della produzione triennale di latte. Dunque, in caso di aumento della produzione, l’allevatore dovrà acquisire entro sei mesi ulteriori quote, che comunque potranno beneficiare dell’eventuale dividendo societario.

Diversa la situazione in Canada, paese dove la produzione ed il mercato del latte sono regolamentati. Anche nel paese nord-americano gli allevatori sono quasi 12 mila, con un milione di vacche che producono 7,8 milioni di tonnellate di latte. Il regime delle quote produttive è gestito dalla Canadian Dairy Commission, che ne fissa le quantità ed indica i prezzi di riferimento per burro e latte in polvere. A tale regime si accompagna l’altro pilastro del sistema di regolazione del mercato: le quote e le tariffe d’importazione.

Il rigido sistema canadese richiede investimenti proibitivi per aumentare la produzione, così come per i nuovi entranti, ma stabilizza i prezzi del latte e contrasta la volatilità dando sicurezza ai produttori.

Caso diverso quello degli Stati Uniti, dove si allevano 9.2 milioni di vacche da latte in circa 50 mila aziende per una produzione complessiva di 90 milioni di tonnellate.

Non esiste un sistema di quote produttive ed il prezzo del latte è stabilito in base alla sua destinazione finale. Situazione particolare è quella della California, maggiore stato produttore col 21% del totale, dove il latte è pagato in base ai prezzi delle commodity del Chicago Mercantile Exchange (CME) ed esistono delle quote produttive che però non sono intese a limitare la produzione. Il sistema è complesso ed ha vari organismi di mercato, come US Dairy Export Council e National Milk Producers Federation, per assicurare la sostenibilità economica. Il nuovo Farm Bill ha introdotto il Margin Protection Program, in vigore fino al 2018, per ridurre la volatilità e permettere scelte aziendali e crescita produttiva in funzione dei mercati.

Fonte: Farmers weekly

CLAL.it - Produzioni di Latte nel Mondo

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Leo Bertozzi
Informazioni su

Agronomo, esperto nella gestione delle produzioni agroalimentari di qualità e nella cultura lattiero-casearia.

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Pubblicato in Canada, Nuova Zelanda, UE, USA, Volatilità

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