Mario Costa: l’impegno nel perfezionare una DOP [Intervista a Federica Fileppo Zop]

Federica Fileppo Zop - Consigliere Delegato di Mario Costa S.P.A.

Federica Fileppo Zop – Consigliere Delegato di Mario Costa S.P.A.

La qualità elevata e soprattutto costante del latte, l’export, la salubrità del prodotto, la capacità di innovare e la sostenibilità. Sono questi i pilastri sui quali poggia l’azienda Mario Costa Spa, una delle realtà più significative nella galassia del Gorgonzola.

Con Federica Fileppo Zop, consigliere delegato dell’impresa novarese, partiamo dai numeri: 170mila quintali di latte lavorato, 181.000 forme di Gorgonzola prodotte, 750 quintali di litri di latte trasformati ogni giorno. Il fatturato si aggira intorno ai 15,2 milioni, con una quota export intorno al 25 per cento.

Partiamo dall’impronta green. Nel 2014 avete inaugurato lo stabilimento di Orfengo (Novara), alimentato a gas naturale liquefatto. Perché questa scelta?

“La scelta iniziale prevista per il nuovo stabilimento era già indirizzata verso un elevato livello di sostenibilità, tramite l’alimentazione a metano. Senonché, a dicembre del 2013 è emerso che i fornitori non ci avrebbero assicurato una fornitura costante secondo il fabbisogno aziendale.
Nell’arco di brevissimo tempo abbiamo quindi esaminato opzioni alternative, scegliendo la più performante e ancor più sostenibile: il gas naturale liquefatto (GNL). Lo acquistiamo da Liquigas, che lo fa arrivare dall’hub di Marsiglia o dalla Spagna. Il GNL è liquido, con una emissione di COe ossidi di azoto molto bassi e senza la presenza di disossido di zolfo. Siamo così più efficienti e ancora meno inquinanti. L’altro vantaggio è rappresentato da una relativa stabilità del prezzo. È vero che il costo è leggermente più elevato rispetto al metano, ma è più verde e meno esposto alla volatilità dei listini”.

Avete anche fonti di energie rinnovabili?

Utilizziamo energia elettrica Zero Emission

“No, ma già dal 2014 abbiamo un cogeneratore, sempre alimentato a GNL, che produce energia elettrica e copre quasi la metà dei consumi aziendali. Poi, dal momento che il cogeneratore produce più calore di quanto ne serva lungo la catena di produzione, abbiamo installato un assorbitore a sali di litio, che permette di trasformare il calore in freddo, così da essere utilizzato per le celle di stagionatura.
Utilizziamo quindi energia elettrica Zero Emission e siamo certificati: per ogni kilowatt di energia utilizzata, esiste un meccanismo di compensazione per cui l’energia è sostenibile”.

Questo è un valore aggiunto?

“Ci sono clienti più o meno sensibili, anche se mediamente è riconosciuto da tutti come un plus. Noi crediamo che l’ambiente debba essere rispettato e con alcune catene della GDO stiamo ragionando per ripensare il packaging con materiali interamente biodegradabili, anche se il prodotto avrà un costo maggiore e non è automatico che la maggiore spesa venga riconosciuta dalla catena di approvvigionamento o dal consumatore”.

Siete nel mezzo della filiera produttiva. Dove secondo voi è possibile migliorare il percorso di sostenibilità?

C’è ampio spazio per una maggiore sostenibilità

“Ovunque. Sia a monte e che valle. Per il latte, la sostenibilità è un concetto talmente vasto che può essere applicato ovunque. Pensiamo ai consumi di acqua, possono essere senza ombra di dubbio ridotti. Molti allevatori si stanno attrezzando con sistemi di produzione del biogas, per valorizzare i reflui. C’è ampio spazio per un maggiore grado di sostenibilità. Vedo che anche i menalatte cominciano a usare mezzi alimentati a GNL, con vantaggi per tutta la filiera”.

Che suggerimenti date ai produttori per migliorare la qualità del latte? Come selezionate le aziende fornitrici di materia prima?

“Noi facciamo un prodotto DOP che è di per sé sinonimo di qualità e garanzia. Come azienda da sempre puntiamo ad un’alta qualità del prodotto, che ci impone di avere forniture di latte costanti. Dai primi anni Duemila abbiamo abbandonato la raccolta diretta e ci rivolgiamo a una cooperativa di raccolta latte. Curiamo un prodotto particolare, con un consumo e un fatturato che da settembre a dicembre è quasi raddoppiato rispetto all’estate. Naturalmente avere un maggior bisogno di materia prima latte quando la domanda è più elevata, comporta oneri di servizio più alti, ma non per questo abbiamo rinunciato a ricercare e pretendere una maggiore qualità. Per la caseificazione sono più adatte, almeno dal nostro punto di vista, stalle medio-piccole rispetto a strutture più grandi”.

Ritirate solo il latte o fornite servizi di consulenza o condividete una progettualità?

“Abbiamo un dialogo su tutto. Addirittura con il nostro fornitore abbiamo intrapreso un percorso di benessere animale ai più alti livelli; proprio recentemente, la cooperativa di acquisto latte alla quale ci rivolgiamo ha ottenuto la certificazione da CSQA per il rispetto dei requisiti di animal welfare delle proprie stalle. Privilegiamo comunque il dialogo lungo tutta la catena di approvvigionamento, anche ai tavoli della GDO”.

Quali sono le principali destinazioni dell’export?

L’export rappresenta il 25% del fatturato

“La principale destinazione al di fuori dell’Italia è la Svizzera, seguita dall’Inghilterra ma stiamo crescendo anche al di fuori dell’Unione europea, dal Giappone all’Australia. L’export rappresenta circa il 25% del nostro fatturato”.

Gli accordi internazionali aiutano?

“Sì, accordi come il Ceta con il Canada o il Jefta con il Giappone sono di grande aiuto, in particolare per chi ha un prodotto DOP come il nostro, che non è semplice da fare da un punto di vista tecnologico. Recentemente l’Unione europea ha siglato un’intesa con la Cina, speriamo possa costituire un varco verso l’ex Celeste Impero. Il Gorgonzola, fra l’altro, non è un prodotto facile da ottenere, è molto imitato come possiamo vedere negli Stati Uniti, dove producono un gorgonzola cheese e gli accordi sono fondamentali per tutelarci”.

Quali sono le prime cose che chiedono all’estero i vostri clienti?

“Il Gorgonzola è un prodotto eccezionale, ma molto delicato sul piano della salubrità, per le caratteristiche fisiche e le sue peculiarità. Si presta alla crescita di patogeni pericolosi, per cui il primo requisito è la sicurezza igienico sanitaria. Noi siamo scrupolosissimi, perché basta un singolo episodio per rovinare il mercato e la credibilità del prodotto e della categoria”.

Non solo Gorgonzola. Avete anche formaggi con latte di capra e altri prodotti di qualità. Cosa vi ha spinto a diversificare?

“Abbiamo intrapreso questa strada da qualche anno, iniziando ad aggiungere prodotti analoghi di gamma come il taleggio. Per un’azienda mono-prodotto e di dimensioni medie è sempre più difficile conquistare i mercati esteri e un assortimento più ampio è fondamentale. Per questo, sempre nell’ambito degli erborinati, abbiamo cercato di aggiungere prodotti di qualità, sia per ingolosire il cliente sia perché più volumi ci sono e più è efficiente la distribuzione dei prodotti. All’estero, dove c’è un consumo più limitato di Gorgonzola rispetto a Piemonte e Lombardia è opportuno ottenere ordini di acquisto più importanti e fare massa critica. Il nostro erborinato al tartufo sta raccogliendo un grande successo”.

Quali sono i vostri canali di vendita?

“In Italia soprattutto la GDO e la distribuzione organizzata, mentre all’estero vendiamo a importatori che a loro volta riforniscono la GDO. Non vendiamo molto alla ristorazione, che privilegia un prodotto più da prezzo, ma l’anno scorso, con il Covid-19, avere rapporti consolidati con la GDO ci ha salvato. Le aziende molto legate al canale Horeca hanno avuto inevitabilmente maggiori difficoltà”.

Come sono cambiati i rapporti con la GDO con il Covid?

“I rinnovi contrattuali con la distribuzione sono sempre stati impegnativi e, pur avendo il comparto alimentare sofferto meno di altri, la capacità di spesa dei consumatori è comunque in contrazione. I dati, infatti, evidenziano una crescita delle vendite nei discount, dove i prezzi sono più competitivi e la qualità molto spesso è inferiore, ma dove noi per scelta non siamo presenti. Caratterialmente devo dire che prediligo un confronto con chi conosce il prodotto che sta acquistando, piuttosto che con quei buyer che rispondono unicamente a logiche di prezzo, perché quando hai di fronte una persona che conosce il settore un accordo si trova sempre. Magari la discussione si accende, ma alla fine si trova un punto di incontro; se l’unico parametro è invece il prezzo, non vi sono argomenti per un dialogo sulla qualità”.

Qual è l’apporto del Consorzio del Gorgonzola?

Il Consorzio è fondamentale nella tutela del prodotto

“Svolge un ruolo fondamentale sia nella tutela del prodotto, con la lotta alle contraffazioni e ai similari, sia nella verifica che tutti gli associati si attengano scrupolosamente al disciplinare di produzione. Inoltre, il consorzio fa moltissima pubblicità, che è un beneficio per tutti i produttori, in particolare per le aziende più piccole, che avrebbero altrimenti molta più difficoltà a far conoscere il prodotto. Anche nel 2020 la promozione globale del Gorgonzola è stata in crescita e devo dire che la scelta dello chef Antonino Cannavacciuolo come testimonial per molti anni è stata una mossa vincente.

Sul piano affettivo, poi, non posso non sottolineare che mio papà Federico è stato presidente del Consorzio dal 1989 al 2008 e mio fratello Davide fa parte della giunta consortile”.

Come immagina l’agricoltura e la filiera lattiero casearia italiana fra 10 anni?

“Il settore agricolo è in fase di profondo cambiamento. Stiamo assistendo a una concentrazione della produzione molto forte, in particolare nel Nord Italia e, specificatamente, in Lombardia. Abbiamo allevamenti sempre più grandi e industrializzati e si prevede che nell’arco di pochi anni l’Italia raggiungerà l’autosufficienza.

Auspichiamo che permanga un’offerta di latte di elevata qualità

Non possiamo opporci al fenomeno in atto, ma come produttori di un prestigioso formaggio DOP auspichiamo che, nonostante questa costante crescita, permanga un’offerta di latte di elevata qualità. Negli ultimi anni la qualità del latte è migliorata, con una crescita della percentuale di grasso e proteine, fondamentali nei processi di caseificazione. Desideriamo che questo trend si mantenga e per questo motivo siamo favorevoli a pagare il latte anche attraverso la valorizzazione della qualità”.

I volumi di latte prodotti in Italia stanno portando verso l’autosufficienza. Quale direzione pensa sia utile intraprendere: continuare nel solco delle DOP oppure diversificare?

“La diversificazione delle produzioni riduce fatalmente i rischi. Se ci si concentra solo su una tipologia di prodotto e questa produzione ha dei problemi di qualsiasi natura, è inevitabile che esponga a maggiori rischi rispetto alla strategia di avere un ventaglio di prodotti.

La produzione di Gorgonzola è in crescita, ma in parallelo anche i consumi stanno aumentando. Nell’anno terminante a gennaio 2021 i consumi domestici di Gorgonzola sono saliti del 15% rispetto ai 12 mesi precedenti, e questo è un ottimo segnale. Naturalmente non si può immaginare di crescere all’infinito, ma per ora siamo in equilibrio. Quando l’offerta di latte sarà più elevata ritengo che si dovranno valutare altri prodotti in grado di valorizzare al meglio la materia prima. Dovremo essere consapevoli che non ci si improvvisa sul campo, servono studi, sperimentazioni, valutazioni attente sia nel percorso produttivo che nelle prospettive di mercato”.

Siete noti per la qualità dei vostri formaggi. Avete pensato di produrre un gorgonzola biologico?

“Siamo consapevoli che il segmento del bio è in espansione, ma non siamo intenzionati a fare un formaggio bio. Siamo convinti che laddove vi sia un disciplinare rigido come quello di una DOP, il biologico sia ridondante. Lo diciamo chiaramente al consumatore: il Gorgonzola DOP è già un prodotto di per sé sano, salubre e, per molti aspetti, sostenibile. Semmai, il percorso da perfezionare ulteriormente è quello della sostenibilità”.

Federica Fileppo Zop

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Matteo Bernardelli
Informazioni su

Giornalista. Ha scritto saggi di storia, comunicazione ed economia, i libri “A come… Agricoltura” e “L’alfabeto di Mantova”.

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