Il “biologico” ed il “locale” nella preferenza d’acquisto

Nella mente del consumatore, quantomeno di quello dei paesi ad economia avanzata, sono sempre più presenti due riferimenti per dare un valore alla qualità dei prodotti alimentari (ma non solo): il locale ed il biologico. Questo in quanto il riferimento alla “qualità” nei suoi diversi aspetti  compositivo, sanitario, nutrizionale e quant’altro, è ormai divenuto un prerequisito che il prodotto presente sullo scaffale deve garantire. Lo stesso dicasi per la “genuinità”: ogni prodotto posto in vendita deve essere genuino altrimenti non potrebbe essere consumato.

Le evoluzione della etichetta sul prodotto, attraverso informazioni sempre più puntuali, permettono o dovrebbero permettere al consumatore di effettuare una scelta consapevole e dunque di attribuire un  valore a ciò che viene acquistato.  Ciononostante, permane  la difficoltà a percepire il reale valore intrinseco di prodotti sempre più elaborati e con la presenza di claims che vanno da “free from” a “ricco in” o quant’altro. Acquista una crescente importanza il valore percepito più che quello intrinseco, che però è difficile da misurare con parametri oggettivi.

Emerge  dunque un nuovo bisogno di riferimenti  percepiti  ed assumono rilevanza parametri che richiamano  a fattori noti, vicini, rispettosi della natura e dell’ambiente o ritenuti tali. La conferma giunge da uno studio sui consumatori tedeschi pubblicato in Appetite, da cui appare la disponibilità a spendere di più per i prodotti locali, comprendendo dunque anche una dimensione sociale alla produzione.

Questo vale in primo luogo per quanti hanno già propensione ad acquistare biologico, ma anche per i consumatori che non sono disponibili a pagare di più un prodotto perché biologico,  ma che comunque danno preferenza ai prodotti locali o comunque di origine nazionale rispetto a quelli d’importazione. La diffusione delle campagne promozionali sulla promozione dei prodotti nazionali (Made in…) né é la prova. Mentre la politica di qualità dell’Unione Europea riconosce criteri specifici per l’agricoltura biologica (e le  Indicazioni Geografiche), mancano invece garanzie reali ed oggettive  sul prodotto presentato come locale, se non la conoscenza diretta del produttore e della filiera.

Il concetto di qualità è sempre più olistico, dunque si evolve e diventa anche uno strumento di marketing.

Occorrono però garanzie oggettive, non solo  per il consumatore, ma anche  per il mercato.

Fonti: NCBI, European Commission

 

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Leo Bertozzi
Informazioni su

Agronomo, esperto nella gestione delle produzioni agroalimentari di qualità e nella cultura lattiero-casearia.

Pubblicato in Consumatore, UE
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