Anche la Cina affronta il cambiamento climatico

Ormai tutti i Paesi ad economia avanzata adottano norme per ridurre le emissioni in modo da contrastare la rapidità del cambiamento climatico in atto. Ne sono coinvolti anche i sistemi alimentari dato che, secondo il Sesto Rapporto di Valutazione del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico (IPCC), il settore agricolo nel suo complesso, comprese foreste ed altri usi del suolo, è stato in media responsabile del 13-21% delle emissioni antropogeniche totali di gas serra nel periodo 2010-2019.

In questo contesto ci si interroga spesso sul ruolo della Cina dato che, oltre ad essere insieme all’India il Paese più popoloso al mondo, è il principale importatore ed il quarto produttore mondiale di latte e derivati. Il valore delle vendite al dettaglio di prodotti lattiero-caseari nel 2021 è stato pari a 62 miliardi di dollari, il che ne fa il secondo mercato mondiale dopo gli USA. Inoltre, alcune imprese cinesi sono ormai ai primi posti nella classifica mondiale dei gruppi lattieri. Di conseguenza, la Cina non può ignorare questa emergenza planetaria e l’esigenza di strategie “net zero” da parte delle principali aziende alimentari in modo da operare per un impatto significativo e positivo su scala globale. L’impegno ufficiale è stato assunto con l’adozione del Quadro Globale per la Biodiversità di Kunming-Montreal durante la Conferenza delle Nazioni Unite sulla Biodiversità (COP15), insieme ad altri 200 Paesi nel dicembre 2022.

Ogni impresa ha un ruolo da svolgere

Un esempio è l’impegno di Mengniu, il più grande produttore di latte in Cina, che rifornisce oltre il 95% delle famiglie urbane del Paese ed è il settimo gruppo lattiero-caseario al mondo. L’azienda ha deciso di garantire che entro il 2030 il bestiame sia alimentato con prodotti provenienti da filiere prive di deforestazione e che i servizi ed i materiali siano acquistati da aziende che non contribuiscono alla perdita di foreste. Questo riguarderà anche la soia, di cui la Cina è il più grande importatore al mondo. Dato che oltre il 60% della soia proviene dal Brasile, tale azione contribuirà positivamente alla sostenibilità ambientale del bacino amazzonico. Questo dimostra che ogni impresa ha un ruolo da svolgere e la responsabilità di essere parte della soluzione, con importanti risvolti anche sociali. Come in tanti altri Paesi, anche i consumatori cinesi, soprattutto quelli più giovani, sono sempre più sensibili alla tematica del cambiamento climatico ed alla necessità di adottare consumi sostenibili. Due terzi di loro ritengono che le aziende debbano avere un impatto sociale positivo, il doppio rispetto alla media mondiale.

E’ in corso una trasformazione che deve avere al centro gli agricoltori per rendere i sistemi alimentari più nutrienti, più accessibili e più sostenibili dal punto di vista ambientale. Stanti le interconnessioni e le interdipendenze di tali sistemi, ormai a scala mondiale, occorre promuovere una collaborazione attiva tra le filiere e aiutare le aziende agricole a sfruttare tutto il potenziale delle innovazioni tecnologiche.

Mengniu, nel contrasto alla deforestazione, mette in evidenza il suo impegno per le coltivazioni di soia brasiliana con l’effetto positivo sulla tutela ambientale in Amazzonia. Non a caso, il Brasile, così come del resto gli altri Paesi dell’America Latina che prima erano collegati con un cordone ombelicale a Portogallo e Spagna, e poi agli USA,  ora guarda sempre più frequentemente alla Cina.

Dunque queste azioni sulla sostenibilità ambientale (e sociale) hanno anche un risvolto geopolitico

Nessuno può chiudere gli occhi e restare indietro o ritenersi il primo della classe.

Fonte: The European Sting

 

Teseo.Clal.it - Importazioni mensili di Soia dalla Cina

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Leo Bertozzi
Informazioni su

Agronomo, esperto nella gestione delle produzioni agroalimentari di qualità e nella cultura lattiero-casearia.

Pubblicato in Cina, Sostenibilità