Cina ed India: le sfide per sfamare oltre un miliardo di persone

La Cina è il Paese che ha la maggior fame di cereali, con una dinamica che cresce in modo vertiginoso: lo scorso anno le importazioni di mais sono cresciute del 136%; quelle di frumento del 154%, quelle di sorgo del 479% e quelle di orzo del 36%. Riguardo la soia, ha già esaurito le capacità di fornitura del Brasile e si sta rivolgendo agli USA.

Per scongiurare le ricorrenti carestie che hanno caratterizzato l’Impero di mezzo, la Cina nel 1996 ha decretato un piano di incentivi alla produzione nazionale per assicurare una indipendenza alimentare del 95%, che ha portato alla creazione di unità agricole di vaste dimensioni con la necessità di importare tecnologie e strumenti produttivi, compresi gli animali ed il fieno per nutrirli.

La crescita economica della Cina ha portato una maggior domanda di carne e latte

La tumultuosa crescita economica con lo spostamento di forza lavoro dalla campagna alle aree urbane industrializzate, ha poi determinato una nuova, consistente classe media che ha cambiato le proprie abitudini di consumo abbandonando la tradizionale dieta di sussistenza e facendo esplodere la domanda per cibi a maggior contenuti nutritivi ed energetici, compresi carne e latte. Di conseguenza il governo ha aperto la possibilità per delle “importazioni alimentari moderate”, che hanno portato la Cina a diventare nel 2011 il maggior importatore mondiale, attuando anche pratiche aggressive di accaparramento di terreno in Africa ed America latina ed acquisti in Australia ma anche nell’Unione Europea. Si ritiene che dal 2010 la Cina abbia investito in queste azioni 94 miliardi di dollari, acquisendo 3,2 milioni di ettari.

Nel contempo, le pratiche di agricoltura intensiva hanno comportato alti livelli di degradazione ambientale e contaminazione del suolo, portando il governo ad annunciare la necessità di proteggere 120 milioni di ettari di terreno arabile per garantire una sicurezza alimentare. Inoltre, lo scorso agosto il presidente Xi Jinping ha lanciato l’operazione ‘Piatto pulito’ per combattere lo spreco alimentare che si ritiene potrebbe permettere di nutrire ogni anno 200 milioni di persone, coinvolgendo anche i ristoranti per servire porzioni ridotte. Tutti questi sono segnali che lasciano intuire come la Cina, che oltre alle spese per le importazioni ogni anno investe 206 miliardi di dollari in incentivi agricoli, possa essere sull’orlo di una crisi alimentare.

La medesima situazione di sovrappopolazione e scarsità alimentare si trovava in India, l’altro gigante asiatico. L’approccio però della grande democrazia indiana è stato diverso e si è basato sulla compartecipazione della popolazione basata sulle caratteristiche della società.

Nel 1965 l’allora primo ministro Lal Bahadur Shastri aveva richiesto agli indiani di osservare un giorno di digiuno ogni lunedì per condividere e farsi carico dei problemi di scarsità alimentare che costringevano il Paese ad importare 10 milioni di tonnellate di cereali all’anno.

CLAL.it - India: Export di prodotti Lattiero Caseari

CLAL.it – India: Export di prodotti Lattiero Caseari

Nel 1966 iniziava la cosiddetta rivoluzione verde, che grazie all’introduzione di sementi ad alto rendimento ed al miglioramento delle tecniche produttive nella miriade di villaggi che compongono il tessuto rurale, portava all’autosufficienza alimentare. La stessa dinamica ha caratterizzato la produzione lattiera, facendo ora dell’India il maggiore produttore mondiale, in grado anche di esportare alcune commodity. Questo successo ha portato però anche ad un certo rilassamento ed al sorgere di tensioni fra la popolazione urbana e quella rurale, con gli economisti tentati di applicare delle riforme agricole taglia-incolla secondo modelli di mercato prestabiliti, spalancando le porte alle importazioni col conseguente probabile stravolgimento della base produttiva.

Chi nutrirà la Cina?

Chi nutrirà la Cina? Questo era il titolo nel 1995 del libro di Lester Brown, fondatore del Worldwatch Institute. Adesso la risposta è arrivata: il mondo, e la tensione sul prezzo della materie prime ne è la dimostrazione. Parimenti è logico chiedersi chi nutrirà l’India, che deve confrontarsi fra l’evoluzione della scelta di uno sviluppo basato sulla propria struttura sociale e la nuova domanda di consumo. La nostra storia dei Paesi europei dimostra come le carestie del passato sono state eliminate grazie alle condizioni di pace, di sviluppo sociale e tecnologico. L’economista premio nobel indiano Amartya Sen ha scritto “nessuna democrazia che funziona ha mai sofferto una carestia”. Questa dovrebbe essere la lezione da prendere fra la grande democrazia indiana ed il grande centralismo cinese per la sicurezza alimentare mondiale.

Fonte: eDairyNews

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Leo Bertozzi
Informazioni su

Agronomo, esperto nella gestione delle produzioni agroalimentari di qualità e nella cultura lattiero-casearia.

Pubblicato in Cina, Consumatore, India, Sostenibilità