Il Commento: Fare filiera in Sicilia… [Salvatore Cascone, Progetto Natura]

Salvatore Cascone - Direttore della Op PROGETTO NATURA

Salvatore Cascone – Direttore di PROGETTO NATURA

Fare filiera in Sicilia e valorizzare i grandi prodotti del territorio è possibile. Lo racconta Salvatore Cascone, Direttore della Op Progetto Natura, Cooperativa che associa oltre 250 aziende operanti nel settore lattiero caseario e collocate in tutta la Regione, con una particolare concentrazione nell’Altopiano Ibleo in provincia di Ragusa.

“Il latte raccolto viene trasformato in funzione delle diverse caratteristiche e qualifiche, per la produzione di prodotti lattiero caseari freschi e, in particolare, del Ragusano DOP, del quale la Cooperativa detiene l’80% dell’intero mercato. Il Ragusano è un formaggio a pasta filata ottenuto dalla trasformazione del latte bovino crudo, successivamente stagionato in ambienti con umidità dell’85% e temperatura intorno ai 14-15 gradi, per simulare l’habitat di una grotta”, spiega Cascone.

I formaggi freschi, il latte confezionato UHT e fresco e tutta la gamma dei prodotti lattiero caseari prodotti sono commercializzati con il marchio “RAGUSA LATTE”.

Per quanto riguarda il Ragusano Dop l’obiettivo è quello di consolidare i mercati di vendita in Sicilia, nel Centro-Sud e in Italia, per poi incrementare la quota di export, oggi intorno al 10% dei volumi prodotti e destinata prevalentemente in Germania, Belgio e Stati Uniti, dove le comunità di italiani provenienti dalla Sicilia sono maggiormente presenti. Per gli altri prodotti lattiero caseari, invece, l’obiettivo della Op Progetto Natura è di consolidare le vendite nel mercato siciliano e del Sud Italia.

“Gli obiettivi generali di Progetto Natura sono quelle di rafforzare la filiera integrata del latte in Sicilia, così da garantire la massima valorizzazione dello stesso, del territorio e tutelare il patrimonio delle nostre stalle”, afferma il Direttore Cascone.

Il formaggio Ragusano DOP

Il formaggio Ragusano DOP

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Il Commento: Latteria Chiuro, innovazione nel suo DNA [Franco Marantelli]

Franco Marantelli - Presidente Latteria Chiuro

Franco Marantelli – Presidente Latteria Chiuro

La Latteria di Chiuro – 29 stalle in Valtellina, tutte certificate per il benessere animale –  è fortemente radicata nel suo territorio, come dimostra la produzione delle due DOP: BITTO e VALTELLINA CASERA, ma, al contempo, ha l’innovazione nel suo DNA.

Lo Yogurt è entrato dieci anni fa nel paniere della Latteria di Chiuro e ha rappresentato una svolta, diventando in pochi anni la prima referenza con oltre 15 milioni di vasetti l’anno distribuiti in tutta Italia nei diversi formati, incluso il 500 g. Nel 2023 – dichiara il Presidente della Latteria di Chiuro, Franco Marantelli, Allevatore – lo yogurt ha pesato per il 36% del fatturato ed è strategico per la nostra realtà. Ha un effetto trainante e ci consente di sperimentare”.
La sua forza risiede nella qualità, nell’origine delle materie prime e nel rispetto dei tempi di lavorazione. Sulle etichette, il marchio Latte fresco Valtellina, è valore aggiunto e garanzia di origine. “Fin dall’inizio del progetto abbiamo scelto come partner per la fornitura di confetture extra dello yogurt bistrato la Cooperativa Sociale ‘Il Sentiero’ di Morbegno, che si occupa di inserimenti lavorativi di persone con fragilità. Una realtà – prosegue Marantelli – che contribuisce a rendere il nostro prodotto “Buono fino in fondo”, in tutti i sensi! Una collaborazione vincente che colloca il nostro Yogurt tra quelli di fascia Premium.”

A Maggio la Latteria di Chiuro presenterà il primo bilancio di sostenibilità, perché l’attenzione e il rispetto per il territorio, inteso nella più ampia accezione del termine – ambiente, persone, animali e risorse – è vincente per il benessere di tutti, per l’ecologia, per gli allevamenti e per garantire un futuro prospero ad una valle, dove la zootecnia significa famiglia, economia, presidio e tutela del territorio. “Nella  nostra Latteria utilizziamo al 100% energia da fonti rinnovabili, tra fotovoltaico e risorse idroelettriche – prosegue Marantelli.

Allevare in montagna non è facile, senza dubbio. Ma può regalare grandi soddisfazioni.”

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Hub: la classifica dei migliori centri di ricerca mondiali

La ricerca viene sempre più svolta nei parchi scientifici e tecnologici dove il sapere accademico si fonde con quello delle imprese per creare innovazione e cultura. Tali centri vengono ormai ovunque indicati col termine inglese hub, ossia il luogo dove si favorisce la collaborazione fra diversi soggetti come laboratori di ricerca, università, imprese, startup, investitori, istituzioni, per approntare soluzioni innovative nei vari settori.

Dai dati riportati nel Global Innovation Index 2023 dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI/WIPO), è stata stilata la classifica dei cinquanta maggiori cluster (raggruppamenti) mondiali nei settori della scienza e tecnologia basata sul numero di brevetti internazionali e di pubblicazioni scientifiche.

Ai primi cinque posti risultano i centri asiatici di Tokyo-Yokohama, Shenzhen-Hong Kong-Guangzhou,  Seoul, Pechino, Shanghai. Il primo cluster non asiatico è quello di San Francisco con la famosa Silicon Valley sede di tech companies come Adobe, eBay, Google, PayPal, che si colloca al sesto posto.

Il primo hub europeo è quello di Parigi, che si colloca al dodicesimo posto, seguito, sempre in Cina, dal tristemente famoso centro di Wuhan. Chiude la classifica al cinquantesimo posto Milano, che segue Madrid e Zurigo.

Complessivamente la Cina conta ben 13 cluster, gli Stati Uniti 12, la Germania 5, il Giappone 3; Corea del sud, Paesi Bassi ed Australia ne contano due; Italia, Francia, Regno Unito, Spagna, Svizzera, Taiwan, Israele, Singapore, così come Russia ed anche Iran, uno a testa.

I maggiori investimenti in ricerca e sviluppo (R&D) avvengono comunque negli USA, seguiti da Cina, Giappone, Germania, Corea del sud.

Fonte: WIPO

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Il Commento: i risultati di Febbraio sembrano in ripresa [Luca Comellini]

Luca Comellini - AD Caseificio Comellini

Luca Comellini – AD Caseificio Comellini

“Il 2023 per i freschissimi è stato un anno di assestamento, in quanto l’inflazione ha ridotto il potere di acquisto delle famiglie. Il 2024 è partito in maniera molto soft: Gennaio non ha dato risultati eclatanti e l’avvio è stato forse più in sofferenza rispetto ad altri anni. Dalle prime stime sembra che i risultati di Febbraio siano, invece, in ripresa.

Il 2024 avrà delle incognite, a partire dai Consumi, che risentono inevitabilmente dello scenario macroeconomico, dalla prosecuzione della guerra in Ucraina al conflitto in Medio Oriente, fino alle grandi elezioni che coinvolgeranno circa la metà della popolazione mondiale. Elementi, nel complesso, che ci diranno dove il mercato mondiale si assesta. Noi continueremo a offrire qualità al giusto prezzo”.

Parole di Luca COMELLINI, Amministratore Delegato del Caseificio Comellini di Castel San Pietro Terme (Bologna).

La politica aziendale è quella di sostenere gli allevamenti del territorio, “con una raccolta diretta del latte, interamente certificato per la DOP SQUACQUERONE di Romagna, da un complesso di otto aziende agricole concentrate nel raggio di 5 km dallo stabilimento”.

Un’attenzione alle Aziende di prossimità che si traduce in un prezzo base del latte più elevato rispetto alle quotazioni di mercato e ad un pagamento della qualità su valori più alti della media.

Accanto allo Squacquerone di Romagna Dop, i prodotti di punta del Caseificio Comellini sono la Casatella, lo Stracchino degli Angeli, il Formaggio di Castel San Pietro, la Mousse di Latte, la Ricotta, da alcuni anni anche in versione senza lattosio, segmento che risulta in costante crescita.

SQUACQUERONE

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L’evoluzione dei mercati al consumo nel 2030

I consumatori sono i soggetti che rappresentano la forza trainante delle dinamiche di mercato e che determinano la domanda.  Di conseguenza diventa importante seguirne le evoluzioni per delineare le strategie d’impresa.

Secondo le proiezioni del World Data Lab basate sull’analisi dei dati di entità quali Banca mondiale, ONU, Eurostat, OCSE, nel 2030 il più grande mercato sarà la Cina che avrà oltre un miliardo di consumatori, con un aumento del 15% rispetto al 2024. Al secondo posto l’India, con 773 milioni di consumatori ma in crescita di ben il 46% rispetto ai 529 milioni odierni. Sono qui classificati come  “consumatori”  coloro che hanno una capacità di spesa giornaliera superiore a 12 dollari.

Considerando che anche Indonesia, Pakistan e Bangladesh saranno fra i primi dieci mercati di consumo, appare chiaramente l’importanza che assumerà con due miliardi di soggetti quest’area geografica. Al terzo posto vengono gli Stati Uniti con 348 milioni di consumatori ed al quinto il Brasile. Il primo Paese europeo, la Germania, si colloca al dodicesimo posto di tale classifica, l’Italia al diciannovesimo.  Interessante è la dinamica di crescita: molto accentuata nei Paesi emergenti, ad esempio il Vietnam segna un +34%, limitata negli Stati Uniti (+4%), stagnante in Russia e Germania. In Italia ed in Giappone il mercato dei consumatori avrà un declino che sarà direttamente proporzionale al calo demografico di questi Paesi.

Le imprese dovrebbero considerare attentamente tali proiezioni, preparandosi per adeguare i loro prodotti e le strategie di marketing alle nuove dinamiche dei mercati. Dovranno anche ripensare le loro catene di approvvigionamento, di fornitura ed organizzare sistemi distributivi appropriati. La maggior quota di consumo deriverà dalla classe media, rappresentata dai soggetti con una capacità di spesa compresa fra  12 e 110 dollari al giorno (lower middle class da 12 a 50 dollari; upper middle class da 51 a 110 dollari), che è già prioritaria e che continuerà ad aumentare nel prossimo futuro. Da notare che 50 anni fa questo gruppo di consumatori viveva quasi esclusivamente nei Paesi occidentali mentre oggi è sparso in diverse regioni mondiali e rappresenta il 45% popolazione globale.

Fonte: Visual Capitalist

I primi 20 mercati Consumatori nel 2030

I primi 20 mercati Consumatori nel 2030

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Il Commento: Innovare nel mondo delle DOP è possibile [Marco Arrigoni]

Marco Arrigoni - Presidente e Amministratore Delegato dell’azienda ARRIGONI Battista

Marco Arrigoni – Presidente e Amministratore Delegato dell’azienda ARRIGONI Battista

Innovare nel mondo delle DOP è possibile e l’unico limite, accanto al rispetto del disciplinare di produzione, è la fantasia. È il caso dell’azienda ARRIGONI Battista di Pagazzano (Bergamo), tre DOP nel paniere produttivo (Taleggio, Gorgonzola e Quartirolo Lombardo) e un nuovo prodotto lanciato ufficialmente al Salon du Fromage a Parigi in questi giorni.

“Presenteremo una linea di Quartirolo Lombardo Cubettato, in olio e con aromi, un progetto al quale abbiamo lavorato per oltre un anno – spiega il Presidente e Amministratore Delegato dell’azienda, MARCO ARRIGONI -. Una modalità completamente diversa da come conosciamo questa piccola DOP del territorio, con una produzione di circa 3mila tonnellate, che vuole essere un tentativo di far conoscere questo prodotto come formaggio da aperitivo, così da intercettare i Giovani Consumatori, per poi proporlo anche nella sua versione tradizionale”. Le potenzialità sono molto ampie e i primi a manifestare interesse sono stati Giappone (Paese che ha standard qualitativi e di immagine del prodotto molto elevati) e Spagna.

“Il 2023 è stato un anno piuttosto complicato, in cui la priorità del settore è stata quella di adeguare i listini dopo la spinta inflattiva – commenta Arrigoni -. Per il 2024 ci aspettiamo un ritorno alla normalità, dopo la fase del Covid, dei conflitti internazionali e dell’esplosione dei costi. Il futuro dei Formaggi Freschi andrà sostenuto in particolare all’estero, dove vi sono possibilità di crescita, innovando senza tradire le DOP e puntando molto su conoscenza, formazione e marketing e su nuove proposte legate alle modalità di servizio e di confezionamento”.

In qualche caso, poi, innovare significa ripescare tradizioni del passato, che erano andate perse. “Lo abbiamo fatto alcuni anni fa, proponendo il Gorgonzola a Cucchiaio, un’abitudine diffusa cinquant’anni fa su parte del territorio lombardo – racconta Marco Arrigoni -. Un successo che ci ha permesso di incrementare anche le vendite all’estero”.

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Il Commento: un occhio di riguardo per le Aziende che vigilano sul territorio [Giuseppe Colla]

“In Italia le stalle sono all’avanguardia, anche grazie all’utilizzo degli interventi a sostegno delle imprese messi a disposizione all’interno dei Programmi di sviluppo rurale (PSR), impiegati per migliorare le strutture, tanto che le condizioni delle nostre nuove realtà non sono da mettere a confronto con le strutture produttive della Francia e, in parte, della Germania”.

Spezza una lancia in favore degli Allevatori italiani Giuseppe Colla, Dirigente della piacentina Colla Spa, che si sofferma anche al rischio spopolamento delle aree rurali svantaggiate e montane, dove “bisognerebbe avere un occhio di riguardo per le Aziende che vigilano sul territorio, attraverso interventi di sostegno”. In pianura, al contrario, “si assiste al rafforzamento delle realtà medio-grandi, anche se permangono le difficoltà legate al ricambio generazionale, tutt’altro che facile”.

Sul mercato, Giuseppe Colla parte dalle leggi dell’economia: “Il prezzo è dato da domanda e offerta”. Le ultime settimane stanno evidenziando “per il Parmigiano Reggiano un recupero in atto, che ritengo atteso, dopo una stagnazione delle quotazioni durata a lungo”, dice. “Per il Grana Padano – aggiunge Colla – vedo un mercato stabile e per entrambi i prodotti sappiamo bene che il giudice ultimo è il Consumatore”.

L’attività promozionale che spesso le catene distributive adottano con i due grandi formaggi DOP a pasta dura e che, talvolta, si traducono in alcune fasi a vendite sottocosto, per l’Imprenditore piacentino “fanno comunque parte della libertà delle imprese di adottare le proprie strategie di comunicazione e di richiamo della clientela”. Pertanto, “il ricorso alle promozioni contribuisce ad alleggerire le giacenze di magazzino, comportando di conseguenza un recupero dei prezzi di mercato”.

Quanto all’export e alla possibilità di riprendere il negoziato fra Ue e Mercosur, Colla allarga le proprie valutazioni su scala globale. “Grazie alla qualità dei nostri formaggi abbiamo ancora margini di crescita all’estero, compatibilmente con le quote di importazione fissate da alcuni Paesi, dal Nord America al Sud America, fino al Medio Oriente, Asia ed Europa, naturalmente”.

CLAL.it - Aziende agricole associate, per altimetria

CLAL.it – Aziende agricole associate per altimetria

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Produrre di più e vivere meglio?

In Wisconsin ci sono attualmente 5661 aziende da latte con in media 224 vacche ognuna, rispetto alle 9304 con 138 vacche di soli sette anni fa. Nel 2022 la produzione media di latte per vacca è stata di 11.368 litri rispetto ai 10.761 del 2017, mentre nel “lontano” 1974 era di appena 4.762 litri. Tecniche ed efficientamento hanno permesso all’agricoltura USA di produrre sempre più, inviando nel mondo quantità crescenti di prodotti agroalimentari. L’export è infatti passato da un valore di 45 miliardi di dollari nel 1990 a 196 miliardi di dollari nel 2022.

Produrre di più non significa guadagnare di più

Eppure, nonostante questo grande successo le stalle chiudono con una media di una al giorno, i fallimenti sono al secondo posto dopo quelli in California, sempre meno allevatori riescono ad andare avanti. Risulta dunque evidente che produrre di più non significa guadagnare di più. Anzi, può voler dire indebitarsi per non smettere di investire in macchine, attrezzature ed ampliamento delle dimensioni aziendali, col rischio di prestare il fianco alle crisi di mercato se il prezzo del prodotto da vendere cala o se quello dei fattori produttivi cresce com’è avvenuto ultimamente per pandemia e conflitti.

L’agricoltura dipende da fattori imprevedibili, ma è indispensabile

Alla luce di tutto questo una domanda è lecita: è giusto continuare nelle impostazioni strategiche degli ultimi decenni? Dato che l’agricoltura è dipendente da fattori così imprevedibili (il clima), ma è anche così indispensabile (la gente deve mangiare), ogni governo attua misure di politica agricola. Negli USA tali misure sono contenute nel Farm Bill, introdotto a seguito della  grande depressione, cioè la crisi economica e finanziaria del 1939, con lo scopo di stabilizzare i redditi degli agricoltori attraverso la gestione dell’offerta con dei prezzi minimi garantiti basati sui costi di produzione.

Questo sistema è stato abolito nel 1996 per le colture di base come mais, soia e grano nel 1996 e nel 2014 per il latte (ultimo anno di quote latte UE). Di conseguenza, oggi l’unico modo per guadagnare di più è produrre di più ma in un contesto di mercato radicalmente mutato, con la grande concentrazione delle aziende di trasformazione per cui gli agricoltori hanno sempre più difficoltà a trovare alternative per vendere il loro prodotto. L’agricoltore che non segue questa dinamica espansiva rischia di trovarsi di fronte a due opzioni: accettare la sfida o cedere l’azienda.

Forse, quindi, occorrerebbe ripensare alla rotta seguita negli ultimi decenni: stabilire controlli sulle importazioni e sulle esportazioni; rafforzare le infrastrutture lattiero-casearie territoriali per bilanciare l’offerta e la domanda, gestire l’offerta produttiva.
Il tutto con l’obiettivo di avere sistemi produttivi e di mercato equi e competitivi. In una logica realmente sostenibile, cioè durevole.

Fonte: eDairyNews

CLAL.it - USA: Export dei prodotti lattiero-caseari

CLAL.it – USA: Export dei prodotti lattiero-caseari

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Il Commento: La difficoltà della montagna… [Francesco Bortoli, Lattebusche]

Francesco Bortoli - Direttore Generale Lattebusche

Francesco Bortoli – Direttore Generale Lattebusche

Non c’è molto sole sulle montagne e nelle valli del latte. Lo dice, preoccupato, Francesco Bortoli, il Direttore Generale di Lattebusche, quattro DOP casearie (PIAVE, ASIAGO, GRANA PADANO, MONTASIO) e prodotti di altissima qualità.

“La difficoltà della montagna si vede dal numero di stalle che chiudono e non è solo un problema di ricambio generazionale – spiega Bortoli -.

Non è nemmeno una questione di mercato, che per alcuni versi si è dimostrato in grado di reggere e lo dimostra il nostro latte biologico prodotto da bovine munte oltre i 1.000 metri di altitudine, che è molto apprezzato dal consumatore, grazie anche alle caratteristiche del prodotto, frutto di infiorescenze peculiari della Montagna”.

Il problema, semmai, è dato dai costi, “che sono aumentati, ma anche dalle difficoltà burocratiche che opprimono le Aziende, in particolari quelle di piccole dimensioni”.

Quello che servirebbe, per il DG di Lattebusche, è una razionalizzazione dei controlli, “in modo da continuare a garantire salubrità e qualità del prodotto, ma senza mandare in stress le stalle, che devono fare i conti con una miriade di controlli di varia natura, i quali si sovrappongono ai frequenti nostri, finalizzati a garantire salubrità e qualità dei prodotti”.

La provenienza della montagna è ancora una garanzia di appeal e chi può privilegia i prodotti che promuovono il territorio e la sostenibilità. “Oggi però pesano la logistica dei trasporti e il diminuito potere di acquisto delle famiglie, che sta indirizzando il Consumatore medio verso canali distributivi diversi come il discount o verso la marca del distributore, dove la competitività si gioca spesso sul terreno dei prezzi”.
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Una produzione mondiale prevista in diminuzione (-0,4% fra Dicembre 2023 e Maggio 2024)

Di: Mirco De Vincenzi

Una produzione mondiale prevista in diminuzione (-0,41% fra Dicembre 2023 e Maggio 2024), con un calo previsto anche in Unione Europea (-1,2%) dovrebbero mantenere i prezzi sostenuti, con una possibile tendenza al ribasso. Le importazioni in equivalente latte a livello globale sono cresciute fra Gennaio e Ottobre del 2023 dell’1,2%, una tendenza che, se si dovesse mantenere anche nei prossimi mesi, contribuirebbe alla vivacità dei listini. Sulle dinamiche di import-export globali potrebbe pesare la crisi di Suez, facendo aumentare i costi di trasporto e provocando un rallentamento degli scambi.

Prosegue la corsa della Cina, che dal 2019 al 2023 ha incrementato fortemente le produzioni interne di latte (trend in crescita previsto anche nel 2024). L’ex Celeste Impero, complice forse anche il rallentamento della crescita economica, ha ridotto nel 2023 gli acquisti dall’estero di prodotti lattiero caseari (-9,9%), dopo due anni (2020 e 2021) di importazioni particolarmente sostenute.

Sono alcune delle stime che Clal ha presentato a Fieragricola di Verona Venerdì 2 Febbraio di fronte a una platea composta da mangimisti, allevatori, cooperative, industrie di trasformazione, stagionatori e grande distribuzione organizzata. Catena di approvvigionamento al completo, per valutare insieme come valorizzare il ruolo dei Produttori di latte e garantire marginalità a tutti i protagonisti della filiera.

Segnali positivi a livello italiano. Torna infatti a salire (Gennaio 2024) la valorizzazione del latte destinato a Grana Padano e crescono fra Gennaio e Ottobre 2023 le esportazioni di formaggio (+5,8%). In 10 anni, la crescita dell’export è aumentata dell’87% fra Gennaio e Ottobre del 2013 e lo stesso periodo del 2023.

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