Il Commento: La difficoltà della montagna… [Francesco Bortoli, Lattebusche]

Francesco Bortoli - Direttore Generale Lattebusche

Francesco Bortoli – Direttore Generale Lattebusche

Non c’è molto sole sulle montagne e nelle valli del latte. Lo dice, preoccupato, Francesco Bortoli, il Direttore Generale di Lattebusche, quattro DOP casearie (PIAVE, ASIAGO, GRANA PADANO, MONTASIO) e prodotti di altissima qualità.

“La difficoltà della montagna si vede dal numero di stalle che chiudono e non è solo un problema di ricambio generazionale – spiega Bortoli -.

Non è nemmeno una questione di mercato, che per alcuni versi si è dimostrato in grado di reggere e lo dimostra il nostro latte biologico prodotto da bovine munte oltre i 1.000 metri di altitudine, che è molto apprezzato dal consumatore, grazie anche alle caratteristiche del prodotto, frutto di infiorescenze peculiari della Montagna”.

Il problema, semmai, è dato dai costi, “che sono aumentati, ma anche dalle difficoltà burocratiche che opprimono le Aziende, in particolari quelle di piccole dimensioni”.

Quello che servirebbe, per il DG di Lattebusche, è una razionalizzazione dei controlli, “in modo da continuare a garantire salubrità e qualità del prodotto, ma senza mandare in stress le stalle, che devono fare i conti con una miriade di controlli di varia natura, i quali si sovrappongono ai frequenti nostri, finalizzati a garantire salubrità e qualità dei prodotti”.

La provenienza della montagna è ancora una garanzia di appeal e chi può privilegia i prodotti che promuovono il territorio e la sostenibilità. “Oggi però pesano la logistica dei trasporti e il diminuito potere di acquisto delle famiglie, che sta indirizzando il Consumatore medio verso canali distributivi diversi come il discount o verso la marca del distributore, dove la competitività si gioca spesso sul terreno dei prezzi”.
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Una produzione mondiale prevista in diminuzione (-0,4% fra Dicembre 2023 e Maggio 2024)

Di: Mirco De Vincenzi

Una produzione mondiale prevista in diminuzione (-0,41% fra Dicembre 2023 e Maggio 2024), con un calo previsto anche in Unione Europea (-1,2%) dovrebbero mantenere i prezzi sostenuti, con una possibile tendenza al ribasso. Le importazioni in equivalente latte a livello globale sono cresciute fra Gennaio e Ottobre del 2023 dell’1,2%, una tendenza che, se si dovesse mantenere anche nei prossimi mesi, contribuirebbe alla vivacità dei listini. Sulle dinamiche di import-export globali potrebbe pesare la crisi di Suez, facendo aumentare i costi di trasporto e provocando un rallentamento degli scambi.

Prosegue la corsa della Cina, che dal 2019 al 2023 ha incrementato fortemente le produzioni interne di latte (trend in crescita previsto anche nel 2024). L’ex Celeste Impero, complice forse anche il rallentamento della crescita economica, ha ridotto nel 2023 gli acquisti dall’estero di prodotti lattiero caseari (-9,9%), dopo due anni (2020 e 2021) di importazioni particolarmente sostenute.

Sono alcune delle stime che Clal ha presentato a Fieragricola di Verona Venerdì 2 Febbraio di fronte a una platea composta da mangimisti, allevatori, cooperative, industrie di trasformazione, stagionatori e grande distribuzione organizzata. Catena di approvvigionamento al completo, per valutare insieme come valorizzare il ruolo dei Produttori di latte e garantire marginalità a tutti i protagonisti della filiera.

Segnali positivi a livello italiano. Torna infatti a salire (Gennaio 2024) la valorizzazione del latte destinato a Grana Padano e crescono fra Gennaio e Ottobre 2023 le esportazioni di formaggio (+5,8%). In 10 anni, la crescita dell’export è aumentata dell’87% fra Gennaio e Ottobre del 2013 e lo stesso periodo del 2023.

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Il Commento: il mese di Gennaio è partito bene [Enzo Panizzi, Valcolatte]

Enzo Panizzi - Direttore Generale di Valcolatte

Enzo Panizzi – Direttore Generale di Valcolatte

“È prematuro lanciarsi in previsioni attendibili per il mercato dei formaggi freschi nel 2024, ma il mese di Gennaio è partito bene, al netto di qualche incognita a livello europeo. La Mozzarella è uno dei formaggi più prodotti in Europa e, anche se la destinazione nel segmento della pizza sta avendo risposte soddisfacenti, il calo delle consegne di latte in alcuni Paesi europei potrebbe essere il segnale di una attenuazione dell’offerta. Allo stesso tempo, se si dovesse mantenere la contrazione nelle produzioni di latte è molto probabile che ci possa essere un mercato tutto sommato non depresso”.

A inquadrare le linee chiave nel settore dei Formaggi Freschi e, in particolare, della mozzarella, è Enzo PANIZZI, Direttore Generale di VALCOLATTE.

“L’anno scorso – ricorda Panizzi – abbiamo attraversato una fase con un’offerta di latte e, quindi, di mozzarella, soprattutto per uso industriale, in parte superiore alla domanda. Oggi c’è maggiore equilibrio”.

Sull’Italia, il Direttore Generale di VALCOLATTE Panizzi non prevede grandi scostamenti. “I consumi sono abbastanza fermi e, a fronte di una popolazione che invecchia, non prevediamo grandi scosse – preconizza -. L’anno scorso abbiamo fronteggiato un calo dei consumi nella Gdo, con una buona ripresa dei consumi nell’Horeca”.

Le previsioni si inseriscono in un quadro per ora sostanzialmente positivo. “Il mercato europeo, nostro principale mercato di riferimento, sembra darci prospettive sulle quali lavorare – prosegue Panizzi -. Resta in parte l’incertezza legata in questa fase al Canale di Suez, soprattutto sul fronte energetico, che però ad oggi non vediamo”. Al momento, chi esporta verso l’Oriente ha dovuto però già fare i conti con i noli marittimi, “che hanno subito un salto in alto dei costi impressionante”.

CLAL.it - Italia: Esportazioni di Mozzarella

CLAL.it – Italia: Esportazioni di Mozzarella

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Il Commento: “In base all’andamento delle Panne, stimo…” [Sauro Corzani, Burro Dalla Torre]

Sauro Corzani – Amministratore Delegato di Burro Dalla Torre Val di Non

“Le tensioni geopolitiche non ci permettono di spingere le nostre previsioni oltre il mese di Marzo”, è la premessa di Sauro Corzani, AD di Burro Dalla Torre Val di Non. Delimitato il perimetro dell’intervento, Corzani dà la propria lettura del mercato. “In base all’andamento delle panne – stima – la materia prima industriale del burro dovrebbe avere una tendenza stabile, forse appena un po’ in leggera discesa, in funzione alla discesa delle Panne che si è registrata nell’ultimo mese, dove si è avuta una flessione dai 7,30-7,20 euro al kg dello scorso Dicembre agli attuali 6,20 euro”.

A interferire sul trend ipotizzato, l’avvento di Pasqua (Domenica 31 marzo), che normalmente sostiene la richiesta di burro da parte dell’industria dolciaria per i prodotti da ricorrenza. “Una situazione che potrebbe mantenere le quotazioni del burro elevate, con il trend discendente delle panne che non andrebbe a influire sui listini del burro, vincendo appunto la legge della domanda e dell’offerta”, preconizza Corzani.
Dopo Pasqua, “anche se è difficile fare ipotesi così a lungo termine – frena l’Amministratore Delegato di Burro Dalla Torre Val di Non – potremmo registrare un ridimensionamento dei prezzi”.

A complicare lo scenario, la situazione mondiale, con l’incognita del Canale di Suez e il relativo passaggio delle merci. “Eventuali rallentamenti dei flussi commerciali, rallentamenti o modifiche delle rotte globali, o anche solo spinte all’accaparramento delle materie prime rimetterebbero tutto in discussione”, dice Corzani.

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Nuove tecniche genomiche: progresso o dipendenza?

Strumenti innovativi per ottenere i caratteri migliorativi desiderati

Le nuove tecniche genomiche (NGT) permettono di ottenere nell’organismo i caratteri migliorativi desiderati, superando il limite delle modifiche casuali conseguenti alle tecniche conosciute prima dello sviluppo delle biotecnologie. Un esempio è la cosiddetta forbice molecolare in grado di tagliare un DNA bersaglio nella cellula animale o vegetale. Si tratta del sistema CRISPR che ha permesso agli scopritori di ottenere il premio Nobel della chimica nel 2020. Sulle NGT il dibattito si fa sempre più intenso: chi ritiene che possano apportare grandi benefici per aspetti quali sicurezza alimentare, maggiore resistenza alle malattie, alle infestanti, ai parassiti od una migliore resilienza al clima, compresa la tolleranza alla siccità, con tempi di selezione molto rapidi; chi invece sostiene che lasciare mano libera alle tecniche genomiche sia un pericolo per l’ambiente, una dipendenza per i produttori, una mancanza di trasparenza per i consumatori. Quindi, si tratta di progresso o di una nuova dipendenza verso chi è in grado di sviluppare le biotecnologie?

Sta di fatto che attualmente sono in fase di sviluppo oltre 500 prodotti ottenuti con la tecnica CRISPR. Il primo è stato un pomodoro commercializzato in Giappone nel 2021, che ha alti livelli dell’aminoacido gamma-amminobutirrico per favorire l’abbassamento della pressione sanguigna; poi è stato modificato il genoma in due specie di pesci per indurre una crescita maggiore. Si stima che nel 2026 il mercato di questi prodotti avrà un valore di 12 miliardi di dollari. È un settore in rapido sviluppo e dai contorni ancora inesplorati. Non per nulla la Commissione Europea ha incluso le biotecnologie fra quelle che necessitano la più grande attenzione per la sicurezza, e lo scorso luglio, dopo aver ottenuto il parere dell’EFSA, autorità europea per la sicurezza alimentare, ha presentato una proposta di regolamento relativo alle piante ottenute mediante alcune nuove tecniche genomiche, nonché agli alimenti e ai mangimi da esse derivati, stimolando lo sviluppo di nuove varietà resilienti al cambiamento climatico e meno bisognose di pesticidi. La proposta, come di consueto, è stata sottoposta ad una consultazione pubblica che ha visto la partecipazione di cittadini, imprese, associazioni. Il maggior numero di risposte è arrivato da Austria e Germania.

Le reazioni delle parti interessate sono contrastanti. Mentre i gruppi di interesse agricoli ed industriali hanno salutato la proposta che apre all’innovazione nella selezione delle piante, quelli ambientalisti, per l’alimentazione e l’agricoltura biologica, la ritengono sbagliata e pericolosa per l’autonomia sementiera ed una distrazione dalle soluzioni agro-ecologiche necessarie per portare l’agricoltura verso la sostenibilità.

Tutte le parti concordano che il sistema alimentare debba essere trasformato

Entrambi gli schieramenti concordano comunque sul fatto che il sistema alimentare debba essere trasformato, oltre che per i crescenti timori per il cambiamento climatico, anche per superare la forte dipendenza dalle importazioni estere. I colossi agrochimici e sementieri europei aggiungono che sia necessario consentire le NGT per tenere il passo con la competizione tecnologia mondiale.

Secondo la procedura di codecisione, ora tocca al Parlamento europeo pronunciarsi attraverso la Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI). La relatrice on. Polfjärd (Svezia) ha presentato una bozza di testo a novembre che andrà in votazione il 24 gennaio 2024. Nel Consiglio, la maggioranza dei ministri agricoli UE è a favore della proposta, anche se restano controversie sulla coesistenza dell’agricoltura biologica con le colture geneticamente modificate e sulla questione dei brevetti (attualmente esclusi dal testo).

Indubbiamente l’UE ha bisogno di una legislazione proporzionata, a prova di futuro e basata sulla scienza per salvaguardare le esigenze della società e la competitività. USA, Canada, Argentina, Brasile, India, hanno già regolamentato la materia.

Toccherà alle nuove istituzioni formate a seguito delle prossime elezioni UE portare a conclusione il percorso regolamentare, ma diventa quanto mai necessario approfondire e dibattere l’argomento delle biotecnologie per il miglioramento genetico, dato il suo potenziale impatto per la produzione, i cittadini, l’ambiente.

Fonti: European Commission, Food Ingredients First

Nuove tecniche genomiche

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Il Commento: Le Proteine del Siero stanno vivendo una fase positiva [Paulo De Waal, Zoogamma]

Paulo De Waal – Direttore Generale di Zoogamma

Paulo De Waal – Direttore Generale di Zoogamma

Dopo il rally dei prezzi e l’andamento sinusoidale dei consumi degli ultimi anni, influenzato in parte dal Covid e dall’instabilità internazionale, il settore delle Proteine del Siero sta vivendo una fase positiva a livello mondiale. “Alcune opportunità si potrebbero aprire anche per l’Italia, anche se lo scenario è in parte più complesso rispetto ad altre realtà estere più strutturate e con centri di ricerca e sviluppo decisamente più strutturati – afferma Paulo De Waal, Direttore di Zoogamma, realtà che si occupa anche di valorizzazione delle proteine del siero con la formula WPC 80, con percentuale proteica cioè all’80 per cento -.

Bisogna puntare maggiormente su alleanze fra Operatori e su Ricerca e Sviluppo, così da superare alcune criticità legate alla filiera lattiero casearia italiana, che ha caratteristiche specifiche rispetto ad esempio alle produzioni del Nord Europa, del Nord America o dell’Oceania”.

Ad oggi il principale sbocco del Siero del latte lavorato in Italia resta quello zootecnico, con le oscillazioni di mercato che influiscono sulle rotte commerciali, oscillando fra il mercato interno e aree più lontane, dal Sud Est Asiatico al Far-East.

Eventuali certificazioni kosher e halal potrebbero aiutare, ma l’area R&D resta fondamentale per dare impulso a un’opportunità che per l’Italia deve ancora trovare una più ampia valorizzazione.

CLAL.it - Principali Esportatori di Siero di Latte

CLAL.it – Principali Esportatori di Siero di Latte

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Il futuro della Cooperativa Arborea [Intervista al Direttore Manca]

Maria Cristina Manca - Direttore Operativo di Arborea

Maria Cristina Manca – Direttore Operativo di Arborea

Un fatturato che sfiora i 233 milioni di euro, 160 aziende agricole conferenti, 191,8 milioni di litri di latte lavorati, una quota export pari al 5% del fatturato, con l’obiettivo di affermare nuove posizioni in Asia, Europa e Nord America. Sono alcuni dei numeri della cooperativa Latte Arborea, simbolo della Sardegna che crede (e cresce) nel settore lattiero caseario. Abbiamo intervistato il direttore, Maria Cristina Manca, laureata in Economia aziendale all’Università di Cagliari, chiamata lo scorso marzo a rivestire il ruolo di direttore operativo della Cooperativa Assegnatari Associati Arborea.

Direttore, come commenterebbe l’attuale situazione di mercato?

“Sul fronte del latte direi volubile e imprevedibile. A tratti governata da spinte speculative, a tratti succube di sussulti di un sistema produttivo in evoluzione, che da un lato vede continuamente sollecitata la solidità della convinzione dei produttori a perseguire l’impegno produttivo e dall’altro è stimolato dalla propensione all’investimento in chiave di miglioramento prospettico.

Sul fronte del mercato al consumo, la pressione promozionale conseguente all’inflazione che ha trascinato la flessione dei consumi non ha sostenuto il riconoscimento del grande valore della materia prima generato con grande sacrificio alla stalla. Se da un lato questi interventi sono stati necessari per agevolare la tenuta dei consumi, dall’altro non hanno certamente favorito il riconoscimento del valore della materia prima, mi riferisco al latte, e con essa del valore della filiera che lo produce. Un’azione reiteratamente tesa a intensificare l’azione promozionale o a spingere la contrattazione dei listini al ribasso non va a sostegno della filiera che garantisce una materia prima che sta alla base di una alimentazione sana e del benessere del consumatore”.

Come vedono gli allevatori il 2024 futuro?

“Incerto, ma fiduciosi. Quest’anno per la nostra cooperativa è stato un anno straordinario. Abbiamo avviato un piano di riorganizzazione globale i cui pilastri sono stati la crescita delle quote di mercato e l’efficienza di tutti i processi, gettando così le basi per il futuro della nostra realtà cooperativa. Abbiamo raggiunto risultati economico-finanziari eccezionali: il più importante è un risultato della gestione che nell’ultimo periodo dell’anno ha consentito di liquidare ai nostri soci 0,625 €/lt, Iva inclusa. Siamo soddisfatti di un primo traguardo raggiunto con grande impegno, non solo da parte degli allevatori, ma anche da parte di tutti i dipendenti della cooperativa Latte Arborea”.

Gli allevatori che investono, quali innovazioni stanno introducendo?

“Le innovazioni sono di diverso tipo. In ambito energetico assistiamo al potenziamento degli impianti fotovoltaici, in ambito tecnologico vediamo l’introduzione di innovativi sistemi di mungitura e in area controlling gli sforzi vanno verso l’implementazione di sistemi di controllo delle performance della stalla in tempo reale e periodico”.

In quale direzione sta investendo la vostra cooperativa?

Stiamo investendo in tecnologia, sostenibilità e logistica


“La cooperativa ha avviato un importante piano di investimento che rafforza tutte le aree aziendali. Il nucleo principale riguarda il core business dell’azienda ossia il latte alimentare con investimenti tesi a potenziare tecnologia, efficienza di processo e sicurezza dei lavoratori. Altro importante settore è quello della sostenibilità ambientale attraverso la realizzazione dell’impianto di biogas e il potenziamento della dotazione di impianti fotovoltaici. Un’altra area aziendale oggetto di investimento è quello della logistica, attraverso la riorganizzazione della supply chain e la realizzazione di un magazzino automatico che incrementerà del 50% la nostra capacità di stoccaggio. Infine il potenziamento di tutte le unità a servizio delle attività produttive”.

Siete da sempre all’avanguardia per l’approccio verso nuovi prodotti. Quali linee o quali prodotti state rafforzando? E quali nuovi prodotti proporrete sul mercato?

Sentire dire che il nostro latte ‘sa di latte’ è il più importante riconoscimento


“La nostra cooperativa da un anno è impegnata in una forte azione di razionalizzazione delle referenze che sono state ridotte del 50 per cento. Questo ha consentito di concentrare le risorse e le energie nelle linee a più alto valore aggiunto ossia quelle che più di tutte incarnano il valore della filiera e che con la bontà della materia prima ci consentono di consolidare e ampliare un rapporto di fiducia con i consumatori che sono alla ricerca di prodotti buoni e di qualità. Sentire dire che il nostro latte ‘sa di latte’ è il più importante riconoscimento che il lavoro dei soci e dei dipendenti hanno ricevuto e continuano a ricevere dal consumatore. Il suggello a questo riconoscimento è l’aver rilevato che i nostri prodotti in Penisola hanno il più alto tasso di riacquisto, e quindi questo conferma il rapporto di fedeltà che riusciamo a costruire con i nostri consumatori”.

Quanto vale oggi per voi l’export e quali sono i progetti futuri di Arborea per incrementare le esportazioni? Rafforzerete i mercati già esistenti o esplorerete nuove aree?

“Al momento l’export vale il 5% circa del fatturato e dopo un anno di razionalizzazione delle relazioni commerciali stiamo avviando interessanti interlocuzioni con i mercati asiatici. Tuttavia, le nostre strategie guardano con interesse anche ai mercati europei e americani”.

L’Intelligenza Artificiale potrà aiutare gli allevatori e i veterinari a migliorare il benessere animale e la produttività in ottica sostenibile. A quali condizioni ritiene che l’IA possa essere uno strumento utile? E quali dovrebbero essere i suoi limiti?

“Penso che l’Intelligenza Artificiale sia una preziosa opportunità per potenziare una gestione smart ed in tempo reale della stalla potenziando esponenzialmente le conoscenze e dotando l’imprenditore di strumenti utili per gestire le leve della redditività e per indirizzare l’operatività. Soprattutto per le nuove generazioni di imprenditori zootecnici credo che l’AI possa essere uno strumento capace di introdurre una gestione molto più dinamica e potente dal punto di vista delle informazioni e degli input disponibili”.

Una delle difficoltà dell’agricoltura è legata al difficile ricambio generazionale. Come è possibile, secondo lei, favorire i giovani?

“C’è un’unica via: investimento in tecnologia e formazione. Il primo consente di rendere meno gravoso un lavoro che oggettivamente non è compatibile con una vita che consenta non solo di lavorare, ma anche di avere spazi riservati alla propria famiglia e alla vita personale. L’imprenditore zootecnico è vincolato 7 giorni su 7, 365 giorni all’anno alla propria mandria. La tecnologia, di processo e di controllo, alleggerisce il carico fisico e l’impegno mentale.

Oggi, però, l’investimento tecnologico richiede ingenti risorse per rendere una stalla tecnologica, attrarre i giovani o indurli a permanere nell’attività di famiglia. Per questo è necessario uno straordinario intervento del Governo a sostegno di questo comparto i cui numeri parlano chiaro: c’è una progressiva tendenza a chiudere le stalle e all’abbandono dei giovani delle imprese di famiglia. L’altro aspetto importante è la formazione che deve essere inserita in un contesto europeo ed internazionale”.

Come immagina il futuro del settore lattiero caseario sardo?

La produzione lattiera può potenziare i connotati di eccellenza della nostra Isola


“Viviamo in un’isola meravigliosa, dove la qualità della vita è altissima e il territorio offre spazi, natura e contesti in cui la produzione lattiera può davvero potenziare i connotati di eccellenza che la caratterizzano. Il futuro del settore lattiero caseario sardo dipende dagli imprenditori zootecnici ma è anche, forse soprattutto, responsabilità della politica: solo un serio e consistente piano a sostegno del settore lattiero caseario vaccino dotato di risorse straordinarie in quantità e qualità potrà consentire il potenziamento di questo settore e scongiurare il drammatico trend di chiusure e l’emorragia delle nuove generazioni. Ma, ad oggi, su questo fronte si rileva un grave ritardo”.

Maria Cristina Manca – Direttore Operativo di Arborea

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Il Commento: 2024, anno di ristrutturazione non soltanto a livello Cooperativo, ma anche Industriale [Giovanni Guarneri, Copa-Cogeca]

Giovanni Guarneri - Presidente del gruppo di lavoro Latte del Copa-Cogeca

Giovanni Guarneri – Presidente del gruppo di lavoro Latte del Copa-Cogeca

“Il 2024 per il settore lattiero caseario potrebbe essere un anno con buoni margini, tanto per gli Allevatori che per la filiera. L’Outlook complessivo, a fronte di una disponibilità di latte modesta in Italia e in Ue, colloca su un terreno favorevole il rapporto fra domanda e offerta, con costi di produzione alla stalla e alla trasformazione in Italia che andranno a stabilizzarsi su livelli alti”.
Così Giovanni Guarneri, Allevatore Cremonese, Presidente del Gruppo di lavoro Latte del Copa-Cogeca e al vertice del Consorzio di tutela del Provolone Valpadana, vede l’anno che verrà.

“In Italia proseguirà il processo di concentrazione produttiva nelle Regioni più vocate, con una progressiva riduzione della zootecnia da latte nelle zone meno specializzate – prevede Guarneri-. Allo stesso tempo, si ridurranno le produzioni nelle zone di montagna, anche quelle numericamente più significative per numero di stalle e quantità di latte prodotto, come il Trentino-Alto Adige, a causa di difficoltà logistiche”.

Il 2024 dovrebbe vedere una crescita dei nostri Formaggi duri, a partire da Grana Padano e Parmigiano Reggiano, trascinati da un rapporto favorevole fra domanda e offerta, che porterà ad avere prezzi alti di mercato, anche grazie a buone performance all’estero.

Nessuna scossa dall’eventuale import di latte dalla Germania. “Come Italia non avremo più un’assenza di import di latte tedesco al pari del 2022 – osserva – ma, anche alla luce della contrazione delle produzioni tedesche, l’import italiano dalla Germania si stabilizzerà su volumi fisiologici, tali da non preoccupare”.

Più difficile, per Guarneri, interpretare le dinamiche di mercato per polveri e burro. “Bisognerà attendere la fine del primo semestre per avere un quadro sufficientemente chiaro, in quanto a livello internazionale i prossimi sei mesi saranno deboli sul fronte degli scambi di polveri e burro, a mio parere”, afferma il Presidente del gruppo di lavoro Latte del Copa-Cogeca.

Il 2024 sarà un anno in cui il processo di ristrutturazione porterà a concentrare le produzioni e i player della trasformazione, non soltanto a livello Cooperativo, ma anche Industriale.

“I Caseifici più piccoli tenderanno anche nel 2024 ad uscire dal mercato”, preconizza Guarneri.

CLAL.it - Tasso di autoapprovvigionamento Latte

CLAL.it – Tasso di autoapprovvigionamento Latte

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Il Commento: Come sarà il mercato 2024 per Grana Padano e Parmigiano Reggiano? [Carlo Zanetti, Zanetti S.p.A.]

Carlo Zanetti - Zanetti S.p.A.

Carlo Zanetti – Zanetti S.p.A.

“Per il Grana Padano prevedo un mercato sostanzialmente stabile. Abbiamo registrato una crescita dei prezzi alla fine del 2023, che potrebbe protrarsi nelle prossime settimane, ma complessivamente ipotizziamo una certa stabilità”, afferma Carlo Zanetti, Imprenditore del settore con l’omonima azienda di Famiglia.

“Per il Parmigiano Reggiano c’è più una speranza di un riposizionamento dei listini verso l’alto. Negli ultimi mesi abbiamo avuto una forte accelerazione delle vendite grazie alle promozioni, ma è un sistema che non può reggere, anche perché rischia di svilire il prodotto”.

L’Export sarà una delle leve per entrambi i formaggi DOP. “Negli ultimi anni siamo cresciuti notevolmente con le vendite all’estero, abbiamo fatto grandi progressi, mentre nell’ultimo anno la crescita è stata meno vorticosa – commenta Zanetti -. Mi aspetto anche nel 2024 un incremento dell’export, anche se su volumi più in linea col 2023”.

Anche i Consumi si prevedono in linea con il 2023. “Possiamo complessivamente attenderci un 2024 positivo”.

Resta sullo sfondo la dinamica di concentrazione produttiva, con la chiusura delle stalle più piccole, “soprattutto nella zona del Parmigiano Reggiano, dove gli Allevatori potranno contare su una buona remunerazione dalla vendita delle quote produttive”.

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La nostra ricchezza è la Tradizione

Se, come scriveva Oscar Wilde, la tradizione è un’innovazione ben riuscita, quella del formaggio è riuscitissima. Si narra e si desume che la sua “scoperta” sia avvenuta per caso da chi, dopo aver trasportato del latte in un otre a dorso d’animale in una zona calda, trovò al suo arrivo non più il liquido che aveva estratto dalla mammella ma una massa solida che si conservava ben più a lungo.

Fregio di Latteria: testimonianza della caseificazione dell’antica Mesopotamia

La storia divenne un fatto concreto quando in un tempio vicino alla città di Ur nell’antica Mesopotamia, venne recuperato un frammento scolpito con l’immagine di persone intente a mungere una vacca ed a fare formaggio. Gli archeologi collocarono quell’opera a 2800 anni avanti Cristo e quell’immagine venne definita il “fregio di latteria“, perché rappresentò la prima testimonianza concreta della caseificazione.
Terra fra i fiumi Tigri ed Eufrate, la Mesopotamia era denominata “Mezzaluna fertile” per i prati ubertosi che permettevano l’allevamento dei bovini da latte invece di ovini e caprini comunemente presenti in tutte le comunità nomadi e semi-nomadi che popolavano i territori di allora, dall’India al Mediterraneo.

Grande fu poi la sorpresa quando, pochi anni fa, ricercatori dell’Università di Catania scoprirono un reperto ancor più antico: dei resti di formaggio in un tempio di Tebe, nell’antico Egitto, di ben 3200 anni avanti Cristo. L’analisi proteomica e biomolecolare accertò non solo che era stato ottenuto da latte di capra, pecora e vacca ma addirittura che conteneva dei residui di quella Brucella melitensis che da sempre colpisce gli animali ed infetta il latte.

Formaggio, il cibo prezioso

La mitologia greca racconta di Zeus, il Giove latino, che da piccolo era allattato dalla capra Amaltea, poi trasferita fra le stelle, il cui corno aveva il potere di riempirsi di ogni cosa si desiderasse e che venne poi chiamato cornucopia, a significare ancor oggi il simbolo dell’abbondanza.  Dal nome phormos, il canestro in cui i greci mettevano a sgocciolare la cagliata, deriva il nostro dire “formaggio”. Gli antichi romani chiamarono quel cibo prezioso, che permetteva di conservare per lunghe stagioni il latte, “caseus”, termine che vive oggi nell’inglese cheese, nello spagnolo queso, nel tedesco Käse, e così via, ma anche nel nostro cacio (sui maccheroni), nel dire caseina, cascina, casaro.

Poi, caduto l’impero romano d’occidente, ci pensarono i grandi ordini monastici a recuperare ed a trasmettere l’incommensurabile patrimonio di sapienza, anche scientifica, della tradizione classica antica. Così, nelle abbazie benedettine e cistercensi, ma anche in quelle cluniacensi e probabilmente presso quelle dell’irlandese san Colombano, nacque il formaggio di grana.
Da allora ebbe inizio tutta un’altra storia, quella della tradizione che ci appartiene e che ancor oggi possiamo toccare con mano e, soprattutto, degustare…

CLAL.it - Quadro storico delle esportazioni di Formaggi

CLAL.it – Quadro storico delle esportazioni di Formaggi

Fonti: LiveUniCT, Smithsonian Magazine, Moebius

Pubblicato in Africa, Formaggio